indietroavanti

Carneadi nojani

Il socialista coerente

Il carradore pacificatore

Intemperanze fasciste

Personaggi

 


Nella foto: il bastone di Antonio Tagarelli

 

Il socialista coerente

Antonio Tagarelli

Il Carradore Mestr Antu-n (Antonio Tagarelli - Noja 1862- Noicattaro 1943), socialista dalla estrema coerenza ideologica e, di conseguenza, sfegatato anticlericale. In punto di morte si riconciliò con Dio. Era il personaggio più amato dal popolo indifeso e oggetto dei soprusi del ceto medio ed alto, i quali lo avversavano. Da convinto socialista con l'avv. Mucci di Foggia partecipò ad alcuni congressi indetti in varie città del mezzogiorno dal Benito Mussolini, ideologo socialista. Instaurato il Regime Fascista, divenne un accanito oppositore di esso.
A quel tempo tutti i circoli, attivati in Noicattaro dai candidati politici quale sostegno della propria candidatura, (senatore, deputato, consigliere provinciale ecc.) vennero chiusi, compreso quello dedicato ai "Savoia", di cui era presidente mio padre. Ciò l' ho personalmente vissuto perché da ragazzo andavo a trovarlo in detto circolo dove con gli amici s'intratteneva giocando a carte.
Ebbi conferma della chiusura del circolo nel vedere l'asta con la bandiera dei Savoia portata a casa e nascosta. Il circolo era sito nei locali di proprietà dello stagnino Antonio Calderazzo in piazza Umberto I, successivamente adibiti a bar, oggi scomparso per volontà di colui che ha pubblicato il libro "Perché i Nojani sappiano". Come conseguenza di ciò, mio padre con tutti gli altri associati si unirono a Mestr Antun, che, per il suo ormai noto presupposto politico, era strettamente tenuto sotto sorveglianza da parte delle Autorità Pubbliche a tutti i livelli. Nonostante ciò, però, era molto stimato ed apprezzato da tutte la alte cariche locali del Regime.
Il suo emblema era il bastone, ( vedi foto) che stava a significare di essere pronto in qualsiasi circostanza ad usarlo (simbolicamente mediante la parola) in difesa del popolo soggiogato dai tiranni del tempo. Il Questore di Bari, venuto a conoscenza che il Tagarelli aveva progettato di svolgere in piazza una manifestazione politica, lo convocò in questura e gli comunicò che la manifestazione non era autorizzata, perciò rischiava dai due ai tre anni di carcere.
Il convocato non accennò minimamente di esserne preoccupato e con ironica saggezza rispose al Questore: "Se io rimango in carcere solo due o tre anni, ignorante entro ed ignorante esco; dovrei restarvi minimo venti o trenta, allora sì che uscirei educato".
Il Rappresentante dello Stato, visto che ogni discorso era inutile, lo licenziò sorridendo. In tutte le sue battaglie politiche locali adoperò lo stile garibaldino con la sostanziale differenza che non disse mai: "Obbedisco". Per questo suo amore garibaldino organizzò un corteo con in testa una corona di alloro che andò a deporre sulla lapide posta accanto all'ingresso dell'attuale palazzo della cultura a ricordo del passaggio da Noja di Garibaldi. Pur non avendo dimestichezza con l'oratoria, espresse a modo suo il perché del gesto compiuto. Nella notte, però, gli avversari politici fecero sparire la corona. Mestr Antun non si preoccupò affatto. Organizzò un nuovo corteo e ripose una nuova corona d'alloro.
La sua estrema coerenza politica in difesa del popolo lo portò a non transigere minimamente sulle ingiustizie compiute dalle Autorità, sempre pronto a denunciarle pubblicamente senza peli sulla lingua. In un comizio tenuto in piazza Umberto I, l'unica del tempo, attaccò veementemente il Podestà, che, guarda caso, si trovava nell'Ufficio della Polizia Urbana sita nella stessa Piazza.
Quando il Podestà non sopportò più gli attacchi del comiziante, scortato da due vigili urbani si avvicinò al palco dell'oratore e gli intimò perentoriamente di seguirlo nell'Ufficio di Polizia Urbana. Mestr - Antun non disse: "Obbedisco", ma pose al personaggio che lo redarguiva pose la domanda: "Ma lei chi è ?". "Sono il Podestà", replicò il personaggio.
Il comiziante di rimando:"Non lo riconosco come Podestà perché non ha la fascia tricolore". Il Podestà, compreso che era in difetto, rientrò nell'Ufficio, si cinse della fascia tricolore e si ripresentò all'oratore al quale autorevolmente chiese: "E adesso sig. Tagarelli mi riconosce che io sono il Podestà?".
L'oratore prontamente esclamò: "Buon giorno, sig. Podestà. I miei rispetti!", chiudendo ogni contumelia. Le Autorità politiche locali mal digerivano la tenacia dell'abile carradore socialista, che faceva paura anche ai ricchi proprietari locali, come l'Antonio Macario (senior) di tendenza liberal - massonica, il quale per tirarselo dalla sua parte gli promette che invece della soppigna nella quale esercitava il suo mestiere, gli avrebbe regalato alcuni suoi locali a piano terra del grande palazzo di Via Garibaldi, (ex Postano - Franchini) con la speranza di togliergli le occasioni di spronare il soggiogato popolo a rivendicare i propri diritti. Fu tutto inutile.
Ed allora i dirigenti provinciali del Fascio ricorrono alla forza. Ad ora tarda di una sera l'incorruttibile socialista si stava ritirando a casa in via Cappuccini,….quando all'altezza di Via Fossato, traversa di Via Oberdan, udì alle sue spalle dei passi molto cadenzati. Sulle prime non volle farci caso, ma quando improvvisamente si sentì incatenato, riscontrò che due Carabinieri lo avevano incatenato e cercavano lentamente di trascinarlo verso la caserma. II carradore socialista era duro come il legno che lavorava non cedette facilmente. Cercò in tutti i modi di fiaccare l'azione dei due Carabinieri.
Questi, però, incominciarono a sopraffarlo. Arrivati dinanzi alla inferriata che protegge lo scantinato dell'allora bar gestito dai Giuseppe Michele Pesce (Cheludd), con la forza della disperazione vi si aggrappò con le mani ad essa costringendo i due difensori della Legge ad impegnarsi fortemente per fargli lasciare la presa.
La scena non passò inosservata per alcuni passanti, che cercarono di intervenire in suo aiuto, ma i militi sfoderarono le sciabole costringendoli ad allontanarsi. Intanto qualcuno avvisò il maresciallo, che mandò subito altri militi in aiuto dei due e tutti insieme riuscirono a far mollare la presa al ferro dell'inferriata che rimase storta. Ridotto ormai all'impotenza e convinto che i suoi avversari politici avevano avvisato il maresciallo, si lasciò condurre in caserma. Il seguito lo lascio immaginare al lettore.