Capitolo Quarto
Le grandi innovazioni e riparazioni all'interno eseguite nei secoli XIX e XX
Fare l'autopsia dell'operato degli Arcipreti che si sono succeduti dalla prima metà dell'Ottocento ad oggi è un'operazione che comporta molti rischi di tracimazione polemica poco cristiana, ma è doverosa per rispetto alla verità (conosciuta personalmente e no), nei confronti sia di coloro che godono la visione di Dio, sia del grande ideatore di modernizzare adeguatamente l'interno di tutta la fabbrica affidandosi, per l'occasione, a stimatissimi professionisti locali e no, nel far eseguire opere (non autorizzate dagli organismi statali competenti) le quali hanno stravolto l'interno del luogo di culto in un'anonima platea teatrale (che se fosse tale sarebbe ricca di tantissimo arredo artistico).
Non possiamo esimerci dal considerare che non sono state rispettate sia la sacralità del tempo, sia le norme delle leggi della rivoluzione francese in materia specifica e sia quelle borboniche (n. 2449 del 1839), recepite dall'Italia unita, tuttora in vigore.
E' un'esternazione riveniente dalla ponderata consultazione di note enciclopedie relative all'oggetto, ma che forse è ammirevole, ma d'interpretazione pericolosissima se comparata a scelte che richiedono rigore e coraggio filologico e storico insieme.
La cultura del recupero, infatti, esige scelte responsabili, conoscenza delle dinamiche della storia, le quali, prive di dette cognizioni, non s'impongono sia pure ad una comunit‹ paesana ritenuta priva di valenza culturale specifica, alla pirandelliana maniera: «Così è, se vi pare!»
Le norme poste dalla rivoluzione francese, che per le tante innovazioni amministrative della cosa pubblica produsse negli addetti all'architettura non facili problemi di attuazione del metodo di concepire il ripristino stilistico-architettonico generico e in particolare delle chiese (fabbriche).
Detto metodo prevedeva il ripristino dell'originario stile non tenendo conto di tutte le aggiunte e parti decorative che un monumento religioso avesse accumulato nel tempo. Questo criterio s'impose in Italia con la sua unità nazionale.
Infatti, quanto è stato realizzato nella nostra fabbrica Matrice è l'esempio più lampante dell'adozione del metodo innanzi detto: mentre la fabbrica sino al XIX sec. si era arricchita di apparati decorativi ed arredi sacri (come si osserva nella documentazione ricostruttiva, nelle foto d'epoca e negli inventari sopra riportati), con il pretesto di adottare il detto tipo di restauro, la fabbrica ha perso tutte le ricchezze artistico-decorative sovrapposte alla originaria struttura tardo-romanica, divenendo spoglia di tutti gli arredi (quadri, statue ecc.) che l'avevano caratterizzata sino a quel momento nella sua identità architettonica sia originaria che post-originaria.
L'indagine sui documenti reperiti lÕabbiamo fatta anche nei confronti del progetto di restauro generale della fabbrica, redatto dall'ing. Francesco Paolo Fanelli, approvato dalla Regione Puglia e dalla Soprintendenza ai Monumenti di Bari nell'aprile del 1988, del quale un primo lotto dell'importo di Lire 500 milioni doveva essere a carico del bilancio della Regione, promessi ma mai accertati nello stato discusso.
Ci limitiamo a prendere atto, poiché non ci è consentito fare altro, che l'ing. Fanelli, nella sua relazione allegata al progetto, esterna le vedute personali circa i numerosi interventi primordiali e remoti, coincidenti con le nostre, sottolineando «che essi sono stati niente affatto ortodossi e del tutto snaturanti la venustà e vetustà della fabbrica».
Poiché le vicende degli oggetti da trattare in questo capitolo si sviluppano in un arco di tempo inizialmente contemporaneo (le riparazioni, 1829-1932; le innovazioni, invece, 1829-2004, sperando che si fermino), riteniamo di raccontare prima quelle relative alla riparazione delle volte (capriate in legno) site al di sopra dei soffitti fatti con stuoie intonacate dipinte da Michele Sparavilla nel 1879 in sostituzione del soffitto della navata centrale descritto da don Saraceno, p. 18, e dopo la serie lunghissima delle innovazioni.
Ricordiamo che alcune variazioni fatte realizzare tra il 1920 e 1944 ci sono. Quelle fatte realizzare dall'Arciprete don Giacomo Lioce: fece aprire l'accesso alla sacrestia dall'esterno nel 1920. In detta località era ancora presente una grande foto dell'Arciprete mons. Vincenzo Pardo, una pendola e sulla porta di accesso al presbiterio una scritta incorniciata, riferita alla pendola come ammonimento: «O mortal che vivi - alza lo sguardo e trema - l'ora che qui si segna - in te si scema»!!!
Altri tempi!!!
Magari ci pensassimo un solo istante!
La più grande basilica presente nel creato è l'Uomo, che nessuno scienziato al mondo realizzerà dal nulla, come ha fatto Dio, ma che non pochi di essi si propongono di eliminare quanto prima possibile, sostituendolo con una copia.
Ritenersi superiori a quanto detto è il frutto del globalismo insensato: Dio ha fatto cuocere per bene la prima facciata della sua bella e grande frittata, la società attuale; capovolgendola ritiene di far cuocere l'altra facciata alla stessa maniera, correndo però il reale rischio gravissimo che essa si stia bruciando completamente.
Siamo nella annunciata Biblica Babilonia?! Speriamo di no!!! |