Appendice
n. 1
Le vicende del mercato domenicale
Tra i molti documenti inediti conservati presso l’archivio
storico della Chiesa Madre ho rintracciato copia del privilegio
reale concesso da Roberto d’Angiò, re di Sicilia (1278-1343),
figlio cadetto di Carlo II, cui succedette nel 1309, relativo allo
svolgimento del mercato domenicale nel nostro paese.
Il documento è costituito dal testo latino del privilegio,
preceduto da un titolo in lingua che ne illustra il contenuto (Privilegio
del mercato di Noja) e seguito da un’indicazione, sempre in
lingua, di carattere conservativo (Il processo di tal causa si conserva
dal Capitolo di Noja e dal [termine illeggibile] Gio. Grillo di
Neapoli, il tutto vergato dalla stessa mano).
Del testo latino si dà qui di seguito una trascrizione segnalando
con una sottolineatura le parole che sembrano non avere un senso
compiuto.
«Robertus Dei gratia Rex Hyerusalem,
et Siciliae Ducatus Apuliae, et Principatus Capuae Provinciae, et
tolga querij, ac Pedimo Comes. = Universis prae(sen)tes licteras
inspecturis, tam prae(sen)tibus quam futuris subiectorum nostrorum
obedientiam, ut aptoitep commendabilis, ita Regali favore venit
prosequenda, quapropter tunc ex parte Uni(versita)tis, et Hominum
Terrae NOHAE in Pro(vinci)a Barij nostrorum fidelium fuit Culmini
nostro humiliter supplicatio, ut ei nostri beneplaciti munere liceat
in dicta Terra forum celebrare singulis Hebdomadis Die Dominico,
in quo volentes conveniant ad emendum pariter et vendendum. –
Nos autem considerantes merita, et affectuosam fidelitatem nobis
per dic(tam) Uni(versi)tatem, et Hominibus demonstratam, et signanter
in subventione pecuniaria pro substentationem nostrae gentis armigerae
in Cobardia Morarentes pro nostro status, et Rei publicae conservatione.
Nostra certa scientia, mera liberalitate et gratia speciali Uni(versita)ti,
et Hominibus NOHAE jam dictis gratiam licentiam faciendi forum perpetuo
impartimur singulis Hebdomadis, scilicet in die Dominico in quo
conveniant, volentes ad emendum pariter, et vendendum.
Pre(sen)tes nostras eiis pendenti nostro sigillo munitas, in cuius
rei testimonium li(tter)as concedentes.
Datam Neapoli per Joannem Grillum de Salerno. Anno D(omi)ni 1328:
Die ultimo mensis Augusti, undecimae ind(ictionis), regnorum nostrorum
anno vigesimo».
Dal contenuto del documento si evince che l’Università
(il Balì) e gli uomini di Terra di Noja in Provincia di Bari
chiedono umilmente (supplicatio) al re il suo beneplacito ad effettuare
nella piazza ogni domenica il mercato.
Il re, considerati i meriti e la fedeltà della comunità
nojana, particolarmente nella sovvenzione pecuniaria per il sostentamento
dei nostri uomini in armi (Nos autem considerantes merita et affettuosam
fidelitatem nobis per dicta Uni(versi)tatem et Hominibus demonstratam,
et signanter in subventione pecuniaria pro substentatione nostrae
gentis armigerae) concede, per la sua schietta liberalità
e speciale favore, alla comunità di Noja, la licenza di tenere
il mercato in eterno la domenica di ogni settimana (Nostra certa
scientia, mera liberalitate et gratia speciali Uni(versita)ti, et
Hominibus Nojae jam dictis gratiam faciendi forum perpetuo impartimur
singulis Hebdomandis scilicet in Die Dominico in quo conveniant,
volentes ad emendum pariter, et vendendum).
Ritengo che questo prezioso documento smentisca per sempre l’ingiusta
accusa dei vicini rutiglianesi, che tuttora sostengono di essere
stati defraudati del proprio mercato domenicale mercé le
pressioni dei Carafa duchi di Noja sui componenti la Camera di Santa
Chiara di Napoli [ 1 ].
Evidentemente non hanno tenuto e non tengono presente che l’età
ducale nojana ebbe inizio circa tre secoli dopo (1592) il Decreto
Angioino del 1328.
Proviamo adesso ad immaginare come pressappoco poteva essere in
origine il mercato domenicale in Noja, fino ad arrivare ai giorni
nostri, attraverso il racconto dei nonni, e la più recente
testimonianza personale e diretta dei più anziani.
Vi partecipavano molti venditori e compratori indigeni, e numerosi
erano anche i forestieri che, con carretti ippotrainati carichi
di mercanzie, giungevano il giorno prima verso sera in Noja dai
paesi d’intorno.
Dopo aver dissetato i quadrupedi con acqua prelevata dal grande
pozzo, denominato la fonte, che si trovava in un angolo della piazza,
e dopo averli foraggiati mediante un sacchetto appeso al collo e
legati ai numerosi k-t-nìedd, grossi anelli di ferro conficcati
nelle pareti esterne delle abitazioni, i vaticali, cioè i
mercanti, andavano a mangiare e dormire in una taverna non lontana
dal luogo del mercato.
Il giorno dopo, di primo mattino, ognuno provvedeva ad esporre le
proprie mercanzie nella maniera più idonea. Si vendeva di
tutto: dai prodotti alimentari freschi e secchi alle telerie, lana,
animali domestici (colombi, conigli, capre, pecore, maiali ecc.),
attrezzi agricoli e animali da tiro (buoi, asini, muli, cavalli,
ecc.).
Appena terminato il primo conflitto mondiale, il
mercato viene temporaneamente trasferito su Largo Pagano, per consentire
la pavimentazione della piazza e l’edificazione di un monumento
ai caduti. Eseguiti detti lavori, Piazza del Mercato assume ufficialmente
la denominazione di Piazza Umberto I, a ricordo dei regnanti di
casa Savoia, ed il tradizionale mercato ritorna nella sua sede antica.
Ma molto presto, dopo un secondo breve trasferimento nell’atrio
del palazzo ducale intorno al 1920 per la notevole riduzione delle
compravendite, la mercatura, ripresasi a gran ritmo, negli anni
’30 viene allestita in Piazza Vittorio Emanuele III.
Con l’espansione edilizia ed urbana del secondo dopoguerra,
negli anni ’70 la manifestazione mercatale diventa infrasettimanale
passando dalla domenica al mercoledì, e questa volta in maniera
definitiva. Da poco più di dieci anni, però, essa
si svolge nell’ampio corridoio dei Giardini Matteotti, una
zona nuova e più decentrata.
La vecchia piazza è tornata comunque a rivivere in qualche
modo la sua antica funzione, ospitando spesso la sera qualcuno che
vende piantine di finocchi, pomodori, insalata, lino secco per la
legature delle viti, ecc.
Qualche volta, ad animare delle belle giornate di sabato, è
un variopinto mercatino polacco con i suoi più svariati articoli.
Note
1 Si
chiamava così il Consiglio reale (Camera), perché
si riuniva per le sue decisioni nel monastero di Santa Chiara in
Napoli.
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