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Biografie
di alcuni nojani eccellenti, noti e poco noti, cui sono intitolate
le omonime strade
1) Via
Vitale
Fra Francesco Vitale da Noja Pugliese (1440-1492),
dell’Ordine dei Minori. Vescovo. Maestro di
Sacra Teologia, Arcidiacono nella Cattedrale di Siracusa,
Protonotario Apostolico.
Il 26 novembre 1484, anno della morte del suo predecessore
mons. Gatto, viene nominato Vescovo di Cefalù (il XXIX
di questa Diocesi, con sede nella cattedrale del XII secolo),
in provincia di Palermo, dal papa Innocenzo VIII, dietro presentazione
del re cattolico Ferdinando II.
Celebre ed apprezzato teologo del suo tempo, commenta i libri
del grande filosofo scolastico Giovanni Scoto, acerrimo oppositore
del pensiero di S. Tommaso d’Aquino. Dottore delle Arti
di Parigi, maestro del Re Ferdinando ed anche suo segretario.Negli
ultimi anni della sua vita viene inviato, per affari importanti,
in Spagna, ove, nella città di Valencia, muore il 18
aprile del 1492, sei mesi prima che Cristoforo Colombo scopra
l’America.
2) Via
Roberto Da Noja
Fra Roberto da Noja (1450-1515), dell’Ordine
dei Domenicani. Arcivescovo.
Non abbiamo notizie della sua vita privata, quale fosse la
sua famiglia d’origine, il suo cognome.
Molto sappiamo, invece, della sua vita religiosa, che ricaviamo
dalle cronache ecclesiastiche ufficiali, per essere egli stato
un Vescovo della Santa Chiesa romana, a tutti noto come Fra
Roberto da Noe ossia Noja pugliese, poiché proveniente
dall’Ordine religioso domenicano.
Dicono che fu nobile di nascita, allievo esemplare dei Padri
Domenicani, celebre per la dottrina e la predicazione evangelica
(facondissimo predicatore) ed anche insigne letterato, avendo
pubblicato dei sermoni e biografie di alcuni Santi.
Fu, come Vescovo, molto stimato, amato e apprezzato per le
sue doti umane e intellettuali, nonché per la sua profonda
dedizione ai poveri e per il suo rigore morale, che conservò
fino alla morte (muore santissimamente).
Il 23 gennaio del 1492 papa Innocenzo VIII lo nominò
Vescovo di Minervino Murge.
Nel 1498 fu chiamato da papa Alessandro VI a reggere la diocesi
di Acerra, non molto distante da Napoli, dove si meritò
la nomina di confessore del re di Napoli.
Dopo sette anni lasciò questa prestigiosa diocesi,
perché nominato da papa Giulio II arcivescovo di Nasso
(greca Nàxos) e Paro (greca Pàros), isole greche
del mar Egeo meridionale, nel gruppo delle Cìcladi,
a Nord di Creta.
Quivi, nonostante la sua precaria salute, assolse compiutamente
e serenamente al suo mandato episcopale per molti anni, fino
alla morte, tanto da essere universalmente riverito come un
“Angelo del cielo”.
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Rutigliano, sacrestia della
chiesa di S. Andrea o convento di S.Chiara. La tela è
del Vinacci. |
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3)
Vico Vinacci
Giovanni Battista Vinacci,
Pittore.
La semplice denominazione “Vico Vinacci”, su Via
Carmine, ci ricorda soltanto che nel complesso edilizio circostante
è vissuta la nota famiglia Vinacci, da cui proviene
il quasi sconosciuto ottimo pittore Giovanni Battista. Quinto
della nidiata di sei figli, nasce in Noja (Bari) il 18 ottobre
1707 da Vito Giuseppe fu Francesco e Rosa Positano fu Scipione.
Viene battezzato il giorno seguente dall’Arciprete Giovanni
Battista Tafuri. Padrini: Giovanni Battista fu Ottavio Spagnuolo
e Fortezza del maestro Nicola Sante Tagarelli. Nulla si sa
della su produzione pittorica.
Una tela molto bella – forse l’unica esistente
– di ottima fattura cromatica, dipinta nel 1732 a 25
anni di età, è ben conservata presso la chiesa-convento
di S. Andrea (o S. Chiara) alle porte di Rutigliano (Bari).
Essa raffigura la Madonna del Carmine circondata da angioletti.
Al di sotto, in posizione centrale, l’esaltazione della
Croce, con ai lati, in ginocchio, le figure di S. Chiara e
S. Francesco d’Assisi.
In calce alla tela si legge: « IO, Ba. VINACCI TER.
NOJA. PN. AN. 1732».
Si vuole che sia morto il 10 aprile 1791 e forse le sue spoglie
mortali riposano nella nostra chiesa del Carmine ma non v’è
alcun riscontro in merito.
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Plastico
del progettato castello di Bari esposto in una mostra dei
castelli di Puglia allestita in quello Svevo di Bari nel 1999 |
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4) Via
Duca Carafa
La generica denominazione Via Duca Carafa – ritengo
– vuol ricordare non tanto il Casato Carafa quanto il
duca Giovanni Carafa III, che nasce in Noja
(Bari) il 4 giugno 1715 da Pompeo Carafa, figlio di Giovanni
e Teresa Del Giudice dei Principi di Cellamare, e da Lucrezia
Carafa di don Bidulfo Carafa (del ramo della Spina) e Dorotea
Acquaviva dei Conti di Conversano.
Con i nomi di Giovanni, Pasquale, Antonio, Gerardo, Felice
e Giuseppe viene registrato e battezzato sotto condizione
dalla levatrice dal nome Candida da Napoli, per imminente
pericolo di morte. Il 9 giugno, stesso anno, fra Francesco
dei Minori Osservanti di Rutigliano perfeziona il Sacramento.
Ingegno poliedrico. Coltiva con pari perfezione le Belle Lettere,
le Scienze Fisiche e Matematiche e, a 23 anni, nel 1738, è
annoverato fra i professori della Regia Università
di Napoli.
Archeologo insigne, scrive e si interessa di antichità
napoletane, istituisce un museo di Antichità ed uno
di Storia Naturale, e, come numismatico, illustra in un libro
le monete del Regno di Napoli.
Viaggia per Francia, Olanda ed Inghilterra facendosi ovunque
notare per il suo talento.
In particolare dedica il suo ingegno agli studi cartografici.
Si deve, infatti, a lui la grande mappa topografica di Napoli
e dintorni, eseguita nel 1750, delle dimensioni di metri 5,016
di lunghezza per 1,070 di larghezza. Progetta un castello
per Bari, che non viene realizzato.
Scrive di cose militari e ordina il reggimento di fanteria
di Bari, di cui, da valoroso militare col grado di colonnello,
diresse le sorti nella battaglia di Velletri del 1744.
Scrive anche opere drammaturgiche con la stima dei grandi
uomini del tempo: dal Buffon al Metastasio, dal Maffei al
Voltaire.
È accademico di Pietroburgo e della Società
Reale di Londra.
Muore a Napoli il 18 luglio 1768.
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Arma del Casato De Rossi.
Con il leone d'oro tenente un ramo fiorito di rosso messo
nel canton destro di argento. |
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5)Via
D. De Rossi
Domenico De Rossi, Avvocato.
Nasce in Noja (Bari) il 16 gennaio 1719 da Francesco Paolo
e da Antonia Ricci.
Avvocato di grande prestigio. In un suo libro commenta Le
consuetudini baresi del celebre giureconsulto Andrea Da Bari.
In modo particolare, affronta l’argomento riguardante
il “capitale delle doti e consuetudini dotali”,
in risposta all’erroneo, “ampio” commento
fatto a proposito dall’avv. Vincenzo Massilla.
Degne di rilievo sono le sue analisi critiche nei confronti
di alcune leggi romane e del Regno di Napoli.
Lorenzo Giustiniani, nelle sue Memorie Storiche degli scrittori
legali, lo cita come uno dei più insigni legali del
tempo.
Muore in Bari nel 1799.
6) Via
Console Positano
Vito Positano, Console.
Nasce in Noja (Bari) il 2 ottobre 1833 da Francesco e Maria
Erminia Franchini in una casa di proprietà materna
a ridosso di Piazza del Mercato.
Successivamente la famiglia si trasferisce nel grande palazzo
di Via Madonna della Lama 67 (attuale Corso Roma), ora di
proprietà Macario [
1].
L’avventura, il dovere e l’onestà lo affascinano
e lo caratterizzano fin da giovane. Infatti, partecipa come
graduato dell’esercito borbonico alla lotta contro il
brigantaggio meridionale, congedandosi col grado di capitano.
Poi entra a far parte del Genio Pompieri di Bari.
Nel 1863 fa parte del Dipartimento Diplomatico del Ministero
degli Esteri in Roma.
Per le sue doti di spiccata integrità dei princìpi
morali, viene presto nominato Agente
Diplomatico nella città di Trieste e successivamente
a Corfù, Malta, Algeri e Costantinopoli.
Durante la sanguinosa guerra bulgaro-turca (1877-78) è
Console in Bulgaria, nella città di Sofia, che, grazie
alla sua esperienza di geniere-pompiere e con l’aiuto
di un ardimentoso gruppo di volontari bulgari, salva da un
violento incendio che stava per distruggerla.
È tuttora molto vivo presso il popolo bulgaro il ricordo
di questo nobile gesto, tanto che Sofia gli ha dedicato una
strada importante, così come tante altre città
della nazione.
Nel 1881 è console a Damasco. Dopo qualche anno è
a Yokohama, in Giappone, ove si spegne il 26 novembre del
1886.
7) Via
Pesole
Vito Nicola Pesole, Avvocato.
Nasce in Noja (Bari) il 9 settembre 1756 dal notaio Francesco
Paolo e da Nicoletta Colonna.
Nel 1777, a 21 anni, è dottore in Legge. Rivela una
cultura nelle scienze giuridiche e politiche così profonda
da essere nominato l’anno successivo Regio Governatore
e Giudice di Rutigliano.
Il Regio Consolato di Mare della Città di Barletta
lo nomina Ufficiale delle Nazioni estere, con la competenza
di decidervi le cause vertenti fra immigrati e residenti.
Successivamente, nel 1783, diviene Giudice di Noja, e con
la stessa carica passa a Regio Governatore e Giudice di Capurso
e Triggiano.
Nel 1805 entra a far parte della Regia Corte di Carbonara
e Ceglie.
Scrive due opere importanti: le Pracsi Decretorum et Criminalium
in quattuor partes tributae et commoda methodo ordinatae e
la Scola della verità aperta ai Prìncipi.
Muore il 23 ottobre 1829.
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Lapide commemorativa apposta
sulla facciata sud della Chiesa Madre. |
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8) Arco
Carrocci
Nicola, Angelo, Giuseppe Carrocci, Arciprete.
Nasce in Noja (Bari) il 17 marzo 1766 da Vincenzo Angelo e
Rosalia Ronchi di Cellamare.
La sua innata vocazione sacerdotale lo spinge a dedicarsi
fin da giovane allo studio della teologia e del diritto canonico.
Ben presto, infatti, diviene Pronotario Apostolico ed Arciprete
della Collegiata nojana (3 giugno 1810).
Rispettoso e senza discriminazione alcuna dei “principij”
evangelici della fratellanza e della dignità umana,
abbraccia tenacemente le idee liberali iscrivendosi alla società
massonica La Costanza di Noja.
Durante la tristissima pestilenza del 1815-16 vissuta dal
suo “gregge”, si dona totalmente, come pastore,
ad assistere e confortare gli infermi e i derelitti.
Passa serenamente nella casa del Padre celeste l’11
ottobre 1829 e le sue spoglie mortali riposano nella chiesa
dell’Annunziata.
Le biografie relative ai civili sono state
reperite nell’Archivio Storico Comunale di Noicàttaro
e nel Grande Archivio Storico di Napoli; quelle esclusivamente
religiose, negli Archivi Storici delle Curie ove i nostri
paesani espletarono il loro mandato pastorale.
Note
1
Mio padre, la cui abitazione era adiacente al detto palazzo,
mi raccontava, per averlo appreso dal suo genitore, che quando
il Console dimorava sia pure brevemente in Noicàttaro,
sul balcone principale vedeva esposta la sua bandiera diplomatica,
segno della sua presenza.
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