2. La proposta del Sindaco Sturni di ripristinare
l'antico nome del paese
Con Decreto Reale del 6 aprile 1864 (non reperito), viene nominato Sindaco
di Noicàttaro il dott. Vito Sturni [7]
, che giura nelle mani del Prefetto di Bari il 13 maggio 1864. Succede
al dott. Giuseppe Manzari, cui era stato accordato il richiesto
congedo, comunicatogli il 22 febbraio 1864.
Sulla particolare forma del giuramento del Sindaco dinanzi al Prefetto
di Bari, di cui si riporta la copia dell'originale (è un prezioso documento
istituzionale d'epoca), lascio al lettore piena libertà di valutazione.
* * *
Il mese di maggio, nella vita amministrativa del nostro
paese, sin da quando si chiamava Noja, è sempre stato foriero
di grandi avvenimenti amministrativi, positivi o negativi che fossero.
Spinto dalla smania di documentarmi sino all'estremo possibile sui fatti
più importanti della vita cittadina, mi piace presentare le deliberazioni
del Consiglio Comunale nella maniera più estemporanea, con un tocco
di attualità, trasformandomi in attento cronista, giammai di parte,
durante le sedute pubbliche, confuso tra quei pochi concittadini non
più idonei al lavoro. Le sedute normalmente si tengono nella mattinata
o nel primo pomeriggio; perciò, chi deve portare il pane a casa non
si preoccupa certo di andare ad assistere a queste riunioni mattutine
[8].
* * *
Il neo sindaco Vito Sturni convoca la prima
seduta Consigliare del suo mandato amministrativo per il giorno dopo
il suo giuramento, e cioè per giovedì 14 maggio, alle ore 14,30, per
presentarsi al Collegio dei rappresentanti politici eletti dal popolo.
Dopo un pasto molto veloce, prendo la mia solita matita ed un blocchetto
di carta e raggiungo con un certo anticipo la sede municipale in via
del Municipio (L' attuale via Console Positano). La sede municipale
è situata in un venusto immobile di stile rinascimentale, già ex Monastero
dei Carmelitani Calzati, divenuto proprietà del Comune a seguito della
soppressione stabilita dopo l'Unità d'Italia dal governo liberal laico,
che volle eliminare per sempre la presenza del potere temporale del
Papa mediante l'emanazione di Leggi che portano il nome di "Leggi Albertine".
* * *
L'inizio della seduta, in prima convocazione, fissato
per le ore 14,30, non ha luogo per mancanza del numero legale dei Consiglieri
presenti, i quali sono in numero inferiore a 10. Infatti l'Art. 89,
primo comma della Legge Comunale e Provinciale n. 2248 del 20 marzo
1865 stabilisce che, per le riunioni consiliari in prima convocazione,
il numero minimo richiesto dei Consiglieri partecipanti deve essere
di 10 [9].
La malizia politica dell' opposizione è già in atto per far sì che il
governo del Comune resti paralizzato.
Tutto mi lascia supporre che per il neo eletto Sindaco non sarà facile
amministrare la Cosa Pubblica.
Pertanto, mentre mi appresto a lasciare il Municipio, apprendo che la
riunione viene rinviata al giorno dopo, 15 maggio, in seconda convocazione,
alla stessa ora pomeridiana.
Il 15 maggio è venerdì.
Il tempo non promette niente di buono. Nuvole pittosto nere scorrono
veloci nel cielo.
Penso: chissà se anche per il nuovo Sindaco vale il detto: Sindaco
bagnato, Sindaco fortunato.
Visto che si può accedere liberamente alla sala delle riunioni;
essendo una seduta pubblica, mi affretto a prendere il posto più
vicino alla zona riservata ai Consiglieri; da dove ascoltare meglio
la voce dei protagonisti.
Ben presto la sala si anima per l'arrivo di un discreto numero di cittadini,
spinti sopratutto dalla curiosità di conoscere il nuovo Sindaco;
schierato dalla parte del proletariato, come si evince dalle sue proposte
in Consiglio Comunale: Costui, ai cittadini poco fortunati, faceva simpatia.
Si son fatte le ore 15, ed il neo Sindaco prende subito posto nel suo
scanno.
Il Segretario Comunale, quindi, procede al consueto appello nominale
dei Consiglieri convocati.
.Risultano essere presenti i seguenti Consiglieri: Lagioia Lorenzo,
Pende Nicola, Contessa Filippo, Laterza Pasquale, Divella Giovanni Michele.
Gli altri sono volontariamente assenti, forse perché così intendono
esprimere la loro disapprovazione per la nomina a Sindaco dello Sturni.
Non si nota il solito mormorio tra le file dei Consiglieri, data la
loro esigua presenza. Non c'è il consueto movimento. Nessuno si scambia
opinioni.
Sembrano tante mummie.
Rompe questo strano silenzio il Sindaco, che dichiara valida la seduta,
la quale, essendo in seconda convocazione, è pienamente conforme alla
Legge, che ne stabilisce la validità con la presenza di un "qualunque
numero" di Consiglieri (Art. 89, primo comma) .
Poi si rivolge direttamente al Consesso, cui partecipa «di qual gratitudine,
rispettoso ossequio sia l'animo suo verso il magnanimo Re d'Italia nell'averlo
innalzato all'onore di Sindaco con il Regio Decreto del sei aprile scorso
mese, per la qual carica comunque credesi disadatto, pure speranzoso
di trovar conforti nei lumi delle SS. VV. accettandola, prestando ieri
nelle mani del Sig. Prefetto della Provincia il debito giura mento con
fiducia di fare il meglio che per Lui si possa, onde rispondere all'alto
compito, che dalla magnificenza di un Re eroe gli viene affidato».
* * *
Le parole dello Sturni, così come riportate
dall'amanuense nel registro delle delibere, suonano un po' nel vuoto,
tra l'indifferenza del pubblico che mostra un certo disinteresse, accennando
ad un leggero brusio, che è talmente basso che non riesco a captare
nulla di particolare.
Il suo discorso di apertura termina con un gesto di gratitudine e di
convenienza da parte dei Consiglieri presenti, fedeli - si presume -
al suo movimento politico.
Sul loro volto, purtroppo, leggo un certo disagio e un manifesto senso
di sconfitta per questo clima di assenteismo creatosi già dalla prima
seduta del Consiglio Comunale presieduta dal nuovo Sindaco. La loro
sensazione è che non avranno vita facile.
La stessa impressione l'ha avuta il pubblico presente in aula; qualcuno,
infatti, andando via, esprime la sua delusione dicendo ai suoi amici:
«Ve lo dicevo io che questo Sindaco avrebbe fatto poca strada! Qui ci
voleva il mio Padrone don ... (e giù un nome che non afferro) , lui
sì che se ne intende e che è una persona molto conosciuta e benestante,
non un semplice farmacista come Vito Sturni».
Nel lasciare la sala delle riunioni, apprendo che la prossima seduta
consigliare si terrà quanto prima ed avrà per oggetto,. tra i tanti
da trattare, principalmente quello relativo al sorteggio annuale del
"quinto" dei Consiglieri in carica previsto dalla Legge (Art. 203).
Su 20 Consiglieri assegnati al Comune di Noicàttaro, il "quinto" è pari
a 4 consiglieri, che devono essere surrogati mediante elezioni parziali.
* * *
La nuova convocazione normale del Consiglio Comunale
viene stabilita dai rappresentati politici presenti in Consiglio per
sabato 26 novembre alle ore 9, poiché gli argomenti da trattare sono
numerosi e di una certa importanza. L'antagonismo politico tra realisti
- massoni, repubblicani e proletari è quanto mai spietato. La vendetta
politica è sempre pronta a scattare al pur minimo passo falso giuridico
fatto dall'una o dall'altra fazione. Di pubblico, neanche l'ombra. Il
Sindaco, preso atto del numero dei Consiglieri presenti, apparentemente
impassibile per la perdurante, scarsa partecipazione numerica dei convocati,
nel dichiarare aperta la seduta, comunica all'Assemblea che si può procedere
alla trattazione degli argomenti all'ordine del giorno e che la seduta
è pubblica per decisione della maggioranza. Durante la trattazione dei
vai argomenti, emerge con vigore l'atteggiamento negativo dei Consiglieri
dell'opposizione, i quali sono in numero maggiore.
Io , intanto, sono curioso di sentire come andrà a finire la trattazione
dell'importante provvedimento relativo al sorteggio del "quinto" tra
i seguenti Consiglieri: 1° Francesco Positano, 2° Giuseppe Giardinelli,
3° Pasquale Antonellis, 4° Pasquale Laterza, 5° Francesco Santoro, 6°
Nicola Pende, 7° Giuseppe Manzari, 8°Michele Positano, 9° Giacomo dr.
Mastrogiacomo, 10° Errico Moncelli, 11° Filippo Contessa.
Anche il Consigliere Vito Sturni doveva far parte dei sorteggiandi,
ma viene escluso in quanto è stato nominato Sindaco. Prima delle operazioni
di sorteggio, si provvede alla nomina di due scrutatori per aiutare
il Presidente dell'Assemblea, cioè il Sindaco, a preparare le 11 schede
con i nomi dei Consiglieri soprannominati ed assisterlo in tutte le
operazioni finali di spoglio. Dallo scrutinio delle schede segretamente
votate, a larghissima maggioranza vengono nominati Scrutatori i Consiglieri
Pasquale Laterza e Giovanni Michele Divella.
Si passa quindi alla preparazione delle 11 schede per il parziale rinnovo
del Consiglio Comunale. Tutto avviene in modo scrupoloso, curando ogni
piccolo dettaglio: su ogni scheda viene scritto il nome di un solo Consigliere.
Poi le schede, ridotte in piccolissimi rotoli uniformi e messe nel foro
di altrettante pallottole di legno, vengono depositate in un'apposita
urna, dalla quale, opportunamente agitata, il Presidente tira fuori
a caso quattro pallottole. Da queste, uno alla volta, estrae il rotolino
della scheda, lo svolge e legge il nome su di essa riportato.
Alla fine risultano estratti i seguenti Consiglieri: l° Francesco Positano,
2° Pasquale Antonellis, 3° Francesco Santoro e 4° Michele Positano,
i quali, di lì a poco tempo, dovranno essere surrogati da 4 nuovi Consiglieri
da eleggersi con elezioni parziali cittadine.
Dopo di che, gli Scrutatori passano a verificare i nomi scritti sulle
7 schede rimaste in fondo all'urna: l° Nicola Pende, 2° Giuseppe Giardinelli,
3 Pasquale Laterza, 4° Giuseppe Manzari, 5° Giacomo Mastrogiacomo, 6°
Errico Moncelli, 7° Filippo Contessa.
Segue la trattazione di argomenti di secondaria importanza. Alla fine
il Sindaco, data l'ora tarda, dichiara sciolta la seduta. La sala si
svuota in un baleno. Si era a mala pena una quindicina di persone in
tutto, tra Consiglieri, Sindaco, addetti ai lavori ed il sottoscritto.
Fuori piove e, mentre attendo il momento propizio per tornare a casa,
ripenso al detto comune: Sindaco bagnato, Sindaco fortunato. Voglio
solo sperare che l'acqua che sta venendo giù abbondante dalle nubi sul
Palazzo comunale possa essere di buon auspicio e bene augurante anche
per la Cosa Pubblica. Ma poi mi chiedo: quelli scelti dalla sorte ad
uscire di scena, cosa avranno detto?
Credo che avranno pensato che la prima cosa da fare era quella di andare
a sorbirsi una "limonata" nel noto Caffè cittadino di via Madre Chiesa
[10], per
calmare gli spasmi intestinali e meditare vendetta contro lo Sturni
ed i suoi pochi avventurieri che lo sostengono. Ma, a pensarci bene,
di che cosa questi ultimi possono essere incolpati, se le vigenti norme
in materia impongono la rinnovazione annua di un "quinto" dei Consiglieri
in carica?
* * *
La gestione del Comune da parte del Sindaco Sturni
nell'anno 1864 si chiude con la convocazione straordinaria del Consiglio
Comunale per il giorno l1 dicembre, nel cui ordine del giorno figura
al 16° punto la nomina della nuova Giunta per l' anno 1865. Partecipano
alla seduta 9 Consiglieri, oltre al Sindaco, il quale può dichiararla
valida. Intanto, prima di incominciare la trattazione degli argomenti
all'ordine del giorno, ci informano che questa seduta sarà pubblica
sino a quando non sarà preso in esame l'argomento riguardante il Personale.
La riunione ha quindi inizio e tutto procede regolarmente, sia pure
tra contrasti con l'opposizione, fino a quando si giunge alla discussione
dell'argomento n. 16. Il Presidente comunica ai Consiglieri presenti
che si procederà alla nomina della nuova Giunta a norma dell'Art. 88
della Legge 23 ottobre 1859, avvertendoli, nel contempo, che si provvederà
con due votazioni segrete e per iscritto: la prima, per la nomina dei
4 Assessori Effettivi; la seconda, per la nomina dei 2 Assessori Supplenti.
Ad ogni Consigliere viene consegnata una scheda in bianco per la prima
votazione, dove esprimere liberamente il proprio voto. Le schede poi
vengono ritirate dal Sindaco per lo scrutinio. Ottengono la maggioranza
assoluta dei voti i seguenti Consiglieri, che restano proclamati Assessori
Effettivi per l'anno 1865: 1° Pietro De Rossi, voti 10; 2° Francesco
Demattia, voti nove; 3° Nicola Pende, voti sei; 4°Lorenzo Lagioa, voti
6. Si passa alla seconda votazione, sempre con lo stesso sistema, per
la nomina dei due Assessori Supplenti. Dalle schede scrutinate risultano
eletti con la maggioranza assoluta dei voti i Consiglieri: De Riso Giambattista
con voti nove e Giuseppe Positano con voti sette.
* * *
E' passato ormai un anno dall'elezione a sindaco di
Vito Sturni e le polemiche non accennano a finire. Siamo ormai giunti
alla sessione di primavera dell'anno 1865. La riunione del Consiglio
Comunale è fissata per il 15 maggio alle ore 9,00. E' una giornata stranamente
molto calda, con minacce di rovesci temporaleschi. Verso le ore 8,30,
con carta e matita, mi avvio per via Carmine alla volta della sede municipale.
Giunto dinanzi al portone d'ingresso, mi imbatto in un gruppo di cittadini
che discutono animatamente. 1 commenti continuano nell'ampio androne,
da cui parte la scalinata in pietra che porta al primo piano, dove si
trova la sala del Consiglio. L'argomento più importante da trattare
sarà proprio la proposta del Sindaco Stumi di ripristinare la denominazione
del paese come era prima del 1863. Pareri naturalmente diversi, contrastanti,
con qualche perplessità sulla buona riuscita dell'obiettivo da perseguire
per via degli spregiudicati balì [11]
presenti in Consiglio Comunale. Nel salire le scale, sento aumentare
il brusio della gente che aspetta di essere ammessa nell'aula del Consiglio.
«Vedrai che il Farmacista saprà farsi valere» dice uno, mentre un altro
ironizza: «Volete scommettere che la riunione non si farà?».
Comprendo che l'atmosfera è un po' tesa, ma pian piano mi avvicino all'ingresso
della sala delle riunioni e, con la benevolenza dell'usciere, entro
prima degli altri e mi piazzo in prima fila nello spazio riservato al
pubblico. Sono curioso di assistere alla discussione dello scottante
argomento. Il tempo passa ed i Consiglieri che vedo seduti sono ancora
pochi. Penso: vuoi vedere che avrà ragione quel tale che sosteneva che
la seduta non ci sarebbe stata? Ad un certo punto, però, quando sono
circa le ore 10, osservo un po' di movimento tra il pubblico presente
all'entrata in aula di altri Consiglieri; poi un fragoroso battito di
mani annuncia l'ingresso del Sindaco, il quale prende posto nel suo
scanno. Accanto a lui si siede il Segretario Comunale Vìtantonio Chiantera
con un librone in mano, sul quale, con un pennino intinto in un grosso
contenitore d'inchiostro, annota l'assenza o la presenza dei Consiglieri
convocati per la riunione, dopo averli chiamati a voce alta per nome
e cognome. Dopo questi rituali preliminari il Sindaco, riscontrato che
il numero dei Consiglieri presenti è regolare come per Legge, dichiara
aperta la seduta. A parte l'età dei Consiglieri, che sono una decina,
mi colpisce il loro abbigliamento. Tutti son ben rasati e vestiti di
"z-grèine" [= elegante stoffa di grisalia], come se partecipassero ad
una festa di matrimonio, e chiacchierano con disinvoltura scambiandosi
i propri convincimenti circa le ultime vicende amministrative. Tutto
è pronto per dare inizio al dibattito, quando il Segretario ammonisce
l'Assemblea di ricomporsi e di fare silenzio.
Il Sindaco, un uomo di media statura, ben messo nella persona, si rivolge
ai Consiglieri presenti con queste parole:
«Onorevoli Consiglieri, vi è l'esigenza di far giustizia del toponimo
dato dal Consiglio Comunale il 23 ottobre del 1862, e che la popolazione
intera manifesta di non gradire, per cui propongo che sia iscritta all'ordine
del giorno della prossima seduta consiliare anche la seguente proposta
... ».
Il Segretario lo interrompe a questo punto, facendo notare ai Consiglieri
che l'oggetto della proposta che il Sindaco sta per fare andrà iscritta
col n° 11 all'ordine del giorno della prossima seduta. Il Sindaco, dopo
la precisazione del Segretario Comuna1e , così prosegue: «La proposta
è la seguente: il Comune adottò il nome di Noicàttaro da quello di Noja,
che avea, unicamente per distinguersi da altre città omonime. Fatto
sta che una tale denominazione legale sì, ma ignota agli stessi abitanti
del paese per la difficoltà che importa. Sarebbe giusto che il Consiglio
vi provveda con la propria denominazione che prima avea, e qualche aggiunta
distintiva, essendo che col nome di Noicàttaro pare snaturata la sua
primitiva denominazione».
Alla fine di questo intervento, dichiara sciolta la seduta. Uno scrosciante
battimani prorompe nella sala da parte di tutti i Consiglieri e della
maggior parte dei cittadini che assistono alla seduta. Personalmente
rimango frastornato dal parlare concitato che si sviluppa in aula subito
dopo tra il pubblico che si appresta verso l'uscita, cogliendo a volo
qualche giudizio negativo all'indirizzo del Sindaco e di alcuni Consiglieri.
Sono le ore 13,30 circa. L'aula in pochi minuti diventa deserta,specie
perché lampi e tuoni già serpeggiano e rombano nell'aria. Ognuno corre
verso casa per mettersi al riparo dalla pioggia imminente.
* * *
Nei giorni successivi, le riunioni delle diverse parti
politiche si sprecano i piccoli balì ed i padroni benestanti liberali
laici non sono disposti ad ingoiare il rospo, ed allora, prevedendo
che la proposta dello Sturni sarà certamente adottata dal gruppo dei
Consiglieri a lui favorevoli nella prossima seduta, studiano già come
bloccarla in sede di approvazione da parte degli organi provinciali
e nazionali.
* * *
Il sindaco Sturni non perde tempo e indice per il 30
maggio la nuova riunione del Consiglio Comunale alle ore 9 antimeridiane.
Anche questa volta non voglio perdermi il gusto di assistere ai lavori
consigliari sin dall'inizio della riunione. Di buon'ora mi piazzo dinanzi
al portone dingresso del Palazzo Municipale, la cui facciata fa bella
mostra di una balaustra in pietra a recinzione del balcone, dello stemma
comunale (uno scudo a mo' di cartoccio con un vaso di fiori sormontato
da una corona turrita, simbolo di città) e di un oblò, dove forse doveva
essere sistemato un orologio. Dopo un po' vedo venire altra gente curiosa
di assistere a questa ennesima seduta pubblica del Consiglio Comunale.
Ma questa volta, dato lo scottante argomento da discutere, c'è un po'
di agitazione tra il pubblico venuto ad assistere, e già si notano due
diversi schieramenti politici pronti a darsi battaglia. Tra questi si
mette più in evidenza quello del gruppo dell'opposizione, probabilmente
assoldato per creare azione di disturbo. Io me sto tranquillo in un
angolino, pronto ad annotare quanto sta per accadere.
La temperatura nella sala è abbastanza elevata e non ci sono i ventilatori
o l'aria condizionata come ora. La giornata questa volta è bellissima
ed i rondinoni svolazzano a stormi stridenti sul tetto del Municipio.
I Consiglieri, intanto, incominciano a prendere posto, mentre il Segretario
fa l' appello e annota sull'apposito registro, il nome di quelli presenti
e assenti alla seduta. Tralasciando volutamente gli assenti, prendo
nota soltanto di quelli presenti per poterne fare le mie considerazioni.
Essi sono: Michele Lisco, Pietro De Rossi, Pasquale Antonellis, Nicola
Sturni, Giovanni Michele Divella, Giambattista De Riso, Francesco Demattia,
Lorenzo Lagioia, Giuseppe dott. Giardinelli e Francesco Santoro.
Sono in tutto 11, compreso il Sindaco.
Il mio Roscoff segna all'incirca le ore 9,00. Accolto da un caloroso
battimani. entra in aula il sindaco Sturni, il quale, constatato il
numero legale dei Consiglieri presenti, convalida la seduta dichiarandola
aperta. Sono circa le ore 9,30, quando si incominciano ad esaminare
le proposte all'ordine del giorno. Il tempo trascorre pesantemente tra
le discussioni animate avverso alcune proposte.
Si son fatte circa le ore 15,00. Il sudore riga il volto dei Consiglieri
intervenuti nell'animata discussione. mentre i cittadini che attendono
con ansia di sentire quanto si dirà sulla questione del nome del paese
diventano sempre più nervosi e quasi dimenticano di andare a pranzare.
Il Sindaco prende la parola, invitando i Consiglieri presenti a «rimanere
uniti per trattarsi in questa ultima tornata della sessione ordinaria
la proposta n° 4 dell'ordine del giorno e cioè che il Comune di Noicàttaro
assuma la denominazione di Noja in Puglia».
Il Segretario Comunale intanto annuncia: «Il provvedimento che sarà
adottato prenderà il n° d'ordine 41 ».
Io sono tutto orecchi e cuore, attento a non perdermi una parola di
quanto si dirà, perché l'argomento tocca da vicino la storia del nostro
Comune.
Tutti i presenti sono ammutoliti. Non si sente volare neanche una mosca,
anche se in questo periodo se ne cominciano a vedere molte in giro.
Il Sindaco così riprende a parlare: «La denominazione di Noicàttaro
assunta da questo Comune non è conveniente essendoché, snatura affatto
[=del tutto] l'antica denominazione, che avea, cioè quella di Noja;
e siccome la Legge [=disposizioni ministeriali] nel prescrivere che
i Comuni o le Città omonime assumessero un, aggiunta fu quella di farle
distinguere dalle altre, così non adempì al voto [=alle disposizioni]
della Legge quando piacque al Consiglio Comunale di dare a questo Comune
non un'aggiunta ma sivvero [=in verità] un nome nuovo, quello di Noicàttaro».
Si ferma un attimo, poi continua: «Chi potrebbe mai credere che la
città di Noicattaro oggi sia la stessa Noja? Il nome così puro e semplice
provocherebbe in avvenire tale confusione da produrre assolutamente
errori che in fatti giudiziari andrebbero a generare litigi, il cui
esito sarebbe fatale. Da ultimo avvi [= vi è] unaltra ragione per la
quale il proponente vorrebbe conservata la denominazione di Noja, ed
è la seguente: si domandi ad un abitante del Comune, e sia persona più
istruita e più colta, e gli si dica: di "dove siete? ". Vi risponderà:
di "Noja", ed alla lettera [=verosimilmente] nessuno saprà dirvi: "di
Noicàttaro. il che importa che niuno va a seguire [=tiene in conto]
l'attuale denominazione del Comune natale». Infine conclude il suo intervento,
facendo notare che tutti coloro che mandano lettere a questo Comune
scrivono Noja e nessuno, meno le note ufficiali, scrive il nome di Noicàttaro,
per cui propone che «il Comune assuma l'epiteto di Apula, ovvero di
Noja in Puglia».
Uno applauso generale sottolinea il suo intervento, oltre alle congratulazioni
dei Consiglieri presenti.
I gruppi dei cittadini, dimentichi dell'ora tardi e della appartenenza
ai vari partiti, si abbracciano ed elogiano a voce alta il Sindaco,
che con la sua proposta li ha fatti sentire tutti facenti parte della
stessa Terra.
* * *
Fra tutto questo manifesto entusiasmo popolare, personalmente,
invece, sono perplesso al pensiero che la nobile proposta del ritorno
alle radici nojane doveva passare per le "forche caudine" della burocrazia
locale e nazionale, già solertemente interessata dalla opposizione laico-massonica
in particolare.
* * *
Il Segretario, quindi, così riassume la decisione finale
del Consiglio Comunale:
«Il Consiglio
Intesa la proposta;
Vista l'esattezza della stessa, e la necessità che il Comune assumi
la denominazione che avea di Noja con un'aggiunta che la faccia distinguere
dalle altre comunità omonime; ad unanimità delibera Che il Comune lasciando
la denominazione di Noicàttaro che ha attualmente, prenda quella che
avea prima, con l'aggiunta di "in Puglia" e si chiami Noja in Puglia
» (12)
Terminata questa lettura del Segretario, il Sindaco
dichiara sciolta la seduta, tra l'ovazione generale dei presenti, i
quali, poiché si è fatto tardi ed il piatto non può più aspettare insieme
allo stomaco che reclama, guadagnano la strada per raggiungere di corsa
la propria casa con una buona dose di soddisfazione nel cuore, quella
di sentirsi tutti parte dello stesso vecchio, amato paese.
* * *
A dire il vero, io sono l'ultimo a lasciare il Palazzo
Comunale perché sono attanagliato da un atroce dubbio: Cosa avverrà
adesso?
Se non vado errato, quando il Consiglio Comunale presieduto dal dott.
Giuseppe Manzari prese la ben nota storica decisione del cambiamento
totale del toponimo originario del nostro paese, il farmacista Vito
Sturni, attuale Sindaco, era all'epoca un membro del Consiglio Comunale,
ragion per cui ritengo che egli doveva sapere come era andata quella
seduta consigliare. Certamente egli doveva conoscere la vera ragione
della decisione di chiamare Noicàttaro l'antica Noja, salvo il dubbio
di una sua partecipazione o meno a quella seduta. Ma anche se così fosse
stato, sia pure per sentito dire, ne doveva essere stato informato,
altrimenti non si spiega il motivo della sua appassionata proposta.
Ma, come dice un vecchio adagio: Acqua passata non macina più. Quindi!
* * *
Passano alcuni mesi. Ed ecco l'attesa risposta ministeriale.
In data 9 agosto 1865, il Prefetto di Bari invia il seguente comunicato
al Sindaco di Noicàttaro:
«Il Ministero dell'Interno con nota 4 agosto n° 9470 relativamente
alla novella denominazione di codesto Comune deliberata dal Consiglio
Comunale nella tornata del 30 scorso maggio ha osservato che le ragioni
esposte non sono attendibili: primo perché, l'attuale denominazione
fu deliberata dallo stesso Consiglio Comunale nella seduta del 23 ottobre
1862, e favorevolmente accolta dalla "pubblica opinione". D'altronde
si ottiene lo scopo, quello cioè di evitare gli scambi di corrispondenze
per causa della sua omonimia con altri Comuni del Regno. Infine gli
inconvenienti lamentati nella presentata deliberazione non sono imputabili
all'attuale denominazione del Comune ma bensì alla negligenza dei privati",
i quali non usavano punto [=per niente] scrivere la "novella denominazione".
Per siffatte ragioni il prelodato Ministero non ha creduto approvare
la proposta novella denominazione».
* * *
In effetti sembra che il sindaco Sturni, nella redazione
della sua richiesta, abbia avuto poca dimestichezza formale ed una esposizione
concettuale poco convincente.
E se tutto questo fosse dipeso dalla già avvenuta sparizione dell'originale
delibera del 23 ottobre 1862, facendogli così mancare il principale
supporto documentale per sostenere con più concretezza la sua giusta,
sofferta proposta?
Gli stessi Consiglieri presenti alla seduta del 30 maggio 1865, tra
cui alcuni istruiti e ben addottorati, probabilmente non gli avranno
offerto la totale collaborazione, forse perché non del tutto convinti
della sua proposta, né tantomeno l'esperto Segretario Comunale.
E' evidente che lo Sturni fosse inviso ad una buona parte dei Consiglieri,
tanto è vero che furono in molti a disertare una seduta così importante
come quella del 30 maggio, lasciando che il "farmacista" trovasse da
solo la soluzione farmacologica per vincere la propria battaglia di
"toponimia".
Egli , infatti, è farmacista di professione, ma con il neo di non essere
affiliato ad alcuna loggia massonica e di non godere, quindi, di molti
appoggi politici all'esterno. In altri termini, non è uno smaliziato
politico, che può dar concreto fastidio alla burocrazia locale e nazionale.
E la storia di sempre!
Infatti, è cosa risaputa che la burocrazia italiana difficilmente torna
a riprendere in esame una decisione superiormente sancita, come nel
caso in questione.
Però, resta un'unica possibilità: adire le vie gerarchiche e giudiziarie
per ottenere il giusto risultato di un reclamo, così come farà il Presidente
della Congregazione di Carità locale Angelo Didonna nel 1868,
facendo ricorso contro la viziata delibera della Deputazione Provinciale
di Bari, che confermava la nomina di "invigilatore generale" dei lavori
di costruzione dell'Ospedale per i poveri ammalati in largo Pilorso
a Noicàttaro il nojano dott. Giuseppe Positano, Deputato ai LL.
PP. della Provincia (13).
Ma lo Sturni non ha né il giusto appoggio da parte dei Consiglieri Comunali
né il tempo necessario per progettare l'opportuno ricorso ai competenti
organi dello Stato, perché poco dopo viene destituito dal Sindaco.
* * *
Giustamente, il Ministero dell'Interno ammonisce che
la nuova denominazione del Comune è stata «deliberata dallo stesso Consiglio
Comunale nella seduta del 23 ottobre 1862 », laddove il termine "stesso"
va inteso nella sua accezione estemporanea.
Non sono d'accordo, invece., sulla giustificazione ministeriale conclusiva:
«e favorevolmente accolta dalla pubblica opinione». Certamente desunta,
a nostro avviso, dalla delibera del 23 ottobre 1862. Ma è così realmente
avvenuto?
Mi domando come è possibile che la popolazione di Noja di circa 130
anni fa, costituita in maggioranza di contadini analfabeti, i cui elettori
erano appena 203 su circa 8.000 abitanti, possa aver avuto il tempo
sufficiente, la capacità e l'interesse ad esprimere il proprio consenso
(ammesso che gliel'abbiano chiesto!) su un argomento di siffatta portata,
su cui il Consiglio Comunale andava a deliberare, specie in considerazione
del fatto che al suo interno questo annoverava balì con poco spirito
di orgoglio per il paese di elezione.
Scaricare sull'ignaro popolo la responsabilità di quella viziata decisione
del Consiglio Comunale, potrebbe essere stato anche un modo di evitare
di essere coinvolti in un eventuale imbarazzo giudiziario.
Ma allora perché nel 1865 vi è la dura reazione del sindaco Sturni,
che denuncia apertamente il modo scorretto e illegale del contenuto
della delibera consigliare del 23 ottobre 1862, con la quale è stata
completamente snaturata la primitiva denominazione del paese?
Sono portato a dedurre con convinzione che egli conosceva il contenuto
della famosa delibera. E perché non ci ha riferito nulla? Misteri della
storia non scritta!
Mi lascia perplesso, in verità, la risposta decisa alla maniera di Pilato
«Quod scripsit, scripsit!», con cui l'alta burocrazia liquida seccamente
la proposta del sindaco Sturni.
* * *
A proposito della irreperibilità della Delibera del
23 ottobre 1862, ho fatto espressa richiesta a vari Archivi Storici
Nazionali, a cominciare da quello di Torino, la Capitale
d'Italia dell'epoca (il Reale Decreto di cambio del nome fu emesso in
questa città, su. proposta del Ministero degli Interni, al quale venne
trasmessa la delibera consigliare in questione), e quello di Roma, l'attuale
Capitale, ma con esiti negativi.
Nutro il sospetto, che la scomparsa dall'Archivio Storico del Comune
solo del volume contenente gli originali delle delibere consigliari
dal giugno al dicembre 1862 sia avvenuta mediante il sistema della "lupara
bianca". Oppure potrebbe essersi verificato il caso che detto volume
sia stato affidato per sempre ai ruderi sommersi di Punta la Penna
o di Paduano, presunti siti - a dire del Tagarelli - delle arcaiche
città di Netion e di Kattry sulla vicina costa di Torre
a Mare. Inoltre, nessuno ci vieta di pensare anche ad un atto immediato
di sabotaggio burocratico ben organizzato, onde evitare eventuali ricorsi
gerarchici, come quello fatto dal Presidente della Congregazione di
Carità nel 1868. A tutt'oggi, l'unico documento comprovante il cambio
di denominazione del paese resta la copia del Decreto Reale N° 1196
del 4 gennaio 1863, citato da tutti quelli che hanno scritto o scrivono
di Noicàttaro, giammai integralmente riportato.
Eccone il testo integrale:
«Ma, come poteva interessare un provvedimento che non ebbe esito
positivo?!»
Credo, a questo punto, che il quadro della situazione
sia diven tato finalmente più chiaro, e possiamo solo immaginare quali
e quanti problemi avranno avuto altri Comuni d'Italia come il nostro
impegnati nel cambio di denominazione.
* * *
Forse per non incrinare il proprio disegno storico
sulle origini leggendarie di Noja, sia il Roppo che il Tagarelli hanno
preferito evitare ogni commento su una delibera consigliare, quella
appunto del 1865, in cui si denunciava vivamente la forma del nuovo
toponimo perché ritenuta scorretta e illegale.
Mentre il Tagarelli la ignora del tutto, prima di lui il Roppo, riferendosi
alla legittima proposta del Sindaco Sturni, si limita ad osservare:
«Ma non ebbe fortuna».
Si trattò per caso di una giocata al lotto?
Eppure, per correttezza storica, quella "delibera n. 41 del 30 maggio
1865", che è ancora lì nell'Archivio del Municipio di Noicàttaro, andava
presa in considerazione, sia pure a livello di semplice informazione.
La vera Storia, però, per qualsiasi ragione, non può e non deve nascondere
i misfatti o i fallimenti dell'uomo, qualora li avesse compiuti; può
al massimo tramandarli in maniera falsata, giammai tacendoli.
Nel caso specifico, invece, la famosa pietra tombale del sepolcro degli
appestati conservata nel nostro Municipio, la quale riporta una emblematica
iscrizione: «Pena di morte per chi osasse sollevarla» (vedi foto), ha
purtroppo tenute cucite le bocche di coloro che hanno parlato di Noja
tacendo l'avvenimento sino al momento delle mie ricerche.
Io a questo punto non vorrei che, secondo l'iscrizione, dovessi cadere
nella pena prevista per averla sollevata.
La vittoria riportata dai piccoli balì non aborigeni è chiara e indiscutibile.
Però, pur essendo riusciti nel tentativo di mutare per boria il vecchio
nome del paese di elezione, pur tuttavia anch'essi sono rimasti indelebilmente
marchiati con l'appellativo di Nojani.
Ma allora chi si aggiudicò la partita?
Certamente i nostri Antenati, i quali ci hanno somministrato una lezione
di altissima coerenza radicale.
A conclusione di questo primo capitolo della Noicattarèide, mi sia consentito
esternare una proposta, forse utopistica, agli attuali Amministratori
civici e a quelli che verranno, perché si provveda a riappropriarci
della nostra storia e cultura cittadina, col proporre alle autorità
competenti che il nostro Comune sia denominato "Noja in Puglia".
Inoltre, riteniamo non sia più possibile ascoltare in numerose trasmissioni
radio-televisive la pronuncia del nome del nostro paese con l'accento
tonico sulla penultima sillaba: Noicattàro, che, ahimè, fa molto bene
rima con ricottàro, anziché, come è più corretto, sulla terzultima sillaba:
Noicàttaro.
Come non provare un senso di stizza quando, nella puntata televisiva
nazionale di "Carramba che sorpresa!" del 22 dicembre 1996 su Raiuno,
in occasione della premiazione di un nostro concittadino, ho dovuto
sorbirmi la dizione errata di "Noicattàro" ?
Possibile che l'attuale Amministrazione comunale non si renda ancora
conto di questa pubblica sconcezza d'immagine, quando già da qualche
tempo sulle carte geografiche d'Italia edite dalla De Agostini di Novara
il nostro toponimo è riportato con l'accento grave sulla terzultima
sillaba?
E' bene che essa per prima prenda l'iniziativa di porre l'accento grave
sulla terzultima sillaba del nome del paese sulla carta intestata, tenendo
ben presente che ciò non comporterebbe alcun provvedimento deliberativo,
né comunale né governativo, perché non si apporterebbe alcuna modifica
formale alla denominazione ufficiale.
Nel contempo, tutti gli esportatori nojani dei prodotti ortofrutticoli,
sulle etichette indicanti la provenienza del prodotto, facciano la stessa
operazione.
Note
[7]
Vito Sturni, di professione farmacista, coniugato con
Cecilia Marzovilla, nasce a Noja nel 1812 da Giuseppe e da Nicolaia
Bellottola. E' Sindaco di Noicàttaro dal 1864 al 1866. Muore in Noicàttaro
il 29 giugno 1895 (Cfr. Atti di nascita, di matrimonio e di morte conservati
presso lo stato civile del Comune di Noicàttaro.
[8]
Le riunioni consigliari si tenevano quasi sempre nelle ore mattutine
per sfruttare la luce naturale, in quanto quella artificiale era molto
precaria e costosa.
[9]
Con l'Unità d'Italia scompare il Decurionato, di istituzione borbonica,
e al suo posto si costituisce il Consiglio Comunale. Una nuova Legge
Comunale e Provinciale, emanata nel 1865 in sostituzione di quella del
Regno di Sardegna del 1859, stabilisce il numero dei Consiglieri a seconda
del numero degli abitanti di ciascun paese. Al nostro Comune spettano
20 Consiglieri, poiché i suoi abitanti, al censimento del 31 dicembre
1861, ammontano a 6.801 ( Cfr. Art.11, Legge 2248 del 20 marzo 1865).
I Consiglieri possono essere eletti solo dai cittadini che hanno 21
anni compiuti, che godono dei diritti civili e che sono in regola con
il pagamento annuale al Comune di apposite contribuzioni (Art. 17),
nonché da quei cittadini rientranti nelle categorie previste dall'Art.
18. Detti elettori, iscritti in una apposita lista soggetta a revisione
annuale da parte della Giunta (Art. 28), vengono convocati per esercitare
il diritto di voto, in una sola assemblea, per la nomina dei 20 Consiglieri
(Art. 49), i quali restano in carica per 5 anni (Art.203). Le riunioni
consigliari sono valide con l'intervento minimo di 10 Consiglieri, se
di prima convocazione; è sufficiente, invece, la presenza di "qualunque
numero", se di seconda convocazione, da tenersi in altro giorno (Art.89).
[10]
Il locale adibito a bar, a quei tempi chiamato caffè, sito invia Madre
Chiesa, civico 8, era il più accorsato tra i pochissimi allora esistenti
in Noicàttaro. Esso era gestito dal sig. Pignataro Domenico, soprannominato
" il Monaco".
[11]
Balì (arc. Bagli) s. m. Grado supremo di taluni ordini cavallereschi.
Dal lat. Baiulus, passato dal significato di "portatore" delle insegne
dell'imperatore a quello di "funzionario amministrativo" (Cfr. Vocabolario
Illustrato della Lingua Italiana di G. DEVOTO - G. C. OLI). I nostri
balì, oltre ad essere dei funzionari amministrativi presso Enti pubblici
locali e provinciali (Catasto terreni e fabbricati, Ammistrazione porto
di Bari, Ospedali civili, Commissioni di Beneficenza, etc.), erano anche
dei possidenti terrieri. Essi non ci tenevano certamente a rendere edotti
delle questioni politiche e amministrative del paese quei poveri braccianti,
la categoria lavorativa più numerosa, i quali erano nei campi dall'alba
al tramonto. Questi erano abituati a dire soltanto: «Signor si,
don...» oppure «Signor
no, don....», come faceva comodo a quelli.Alcuni balì erano addirittura
oriundi del napoletano, venuti in Noja nel secolo scorso al seguito
di alcuni Arcipreti nominati direttamente dal Re di Napoli (vedi l'Arciprete
don Michele Tanza, proveniente da Capaccio Vecchia in provincia di Salerno,
in carica per 47 anni dal 1832 al 1879), incruenti conquistatori del
nostro territorio agricolo con l'acquisto di beni confiscati alla Chiesa
locale dallo Stato massonico post-unitario. Di qui forse il loro scarso
spirito di attaccamento al paese ospitante dimostrato in diverse occasioni.
[12]
Tutte le delibere consigliari citate nel testo sono reperibili, in originale,
presso l'Archivio Storico del Comune di Noicàttaro, nei volumi relativi
agli anni 1862 - 1865.
[13]
Cfr. G. SETTANNI, Noja - Noicàttaro. Istituzione Opere di Beneficenza
Comunali, I, Fasano, Schena 1995, p.127.