2. Le origini di Cąttaro in
Dalmazia
Verso la fine del secolo scorso, il Direttore dell'Archivio Storico
di Ragusa, l'odierna Dubrovnik, scrive al sindaco di Noicąttaro:
«Ragusa (Dalmazia), l° 'gennaio 1896
Ill.mo Signor Sindaco di Noicąttaro
Io sto facendo alcune ricerche storiche intorno alla cittą di Cąttaro
in Dalmazia, e per ciņ, mi sarebbe pure gradito conoscere quale sia
l'origine di Noicąttaro: se č stata fondata da alcuni coloni venuti
dalla Cąttaro Dąlmata, e a quando risale la sua fondazione. Mi permetto
di fare appello alla cortesia della S.V Ill.ma per ottenere simili notizie,
e con mille scuse e anticipati ringraziamenti mi dichiaro,
Dev.mo Prof. C. GELCICH
Direttore dell'Archivio di Ragusa (Dalmazia)» [8]
La presenza di un nuovo toponimo nella nostra Penisola unificata politicamente
e amministrativa mente, come quello di Noicąttaro, finģ col richiamare
l'attenzione di qualche studioso d'oltre Adriatico, perché, come nel
caso del prof. Gelcich, in esso si sarą voluta riscontrare una certa
affinitą morfologica con quello dell'antica Cąttaro dąlmata, attribuendogli
probabilmente il significato di "Nuova Cąttaro". Il prof. Gelcich, dunque,
conscio delle antichissime origini della Cąttaro dalmata, desidera approfondire
la conoscenza della storia di Noicąttaro, credendo che tra i due centri
urbani poteva esserci stata in passato una certa relazione o rapporto
di dipendenza della seconda dalla prima. La risposta del sindaco pro
tempore di Noicąttaro Raffaele Didonna, quasi con una punta di orgoglio,
non si fa attendere molto:
«Noicąttaro, 15 gennaio 1896
Vuole antica tradizione di cui č parola in un cenno storico sulla cittą
di Noja (oggi Noicąttaro) che sulle sponde dell'Adriatico non pił lontano
da questa cittą di sei chilometri fosse esistita l'antica Cąttaro, che
distrutta verso il secolo VIII dell'era Cristiana dai Saraceni diede
origine all'antica Noja, che perciņ oggi si appella Noicąttaro. Vuolsi
pure che parte degli abitanti della distrutta Cąttaro, attraversando
l'Adriatico si fossero posti in salvo sulla costa dalmata, fondandovi
l' attuale cittą di Cąttaro. Tanto in riscontro alla nota di V.S. in
margine distinta.
Il Sindaco
F.to R. DIDONNA
Sig. Prof C. GELCICH
Direttore dell'Archivio di Ragusa (Dalmazia)» [9]
L'inequivocabile e perentoria risposta del sindaco Didonna avrą certamente
sorpreso il prof. Gelcich, che sapeva invece delle remotissime origini
della Cąttaro dąlmata. Tuttavia il nostro studioso di storia locale
Sebastiano Tagarelli si dichiara convinto della preesistenza della Cąttaro
peucetica alla Cąttaro dąlmata, pur nutrendo qualche dubbio sulla fondazione
di quest' ultima da parte dei profughi della prima. Ed il Roppo, in
sintonia col Tagarelli, parlando delle possibili affinitą etniche tra
le due cittą omonime, le mette in relazione chiamando "la morta" quella
peucetica e definendo "la superstite" quella dąlmata [10].
Cerchiamo ora di conoscere brevemente pił da vicino la storia dell'odierna
Cąttaro dąlmata, Kņtor in serbo-croato, estrapolandola dai testi ufficiali
sulla stessa cittą, per tentare di scoprire se esiste qualche connessione
con la storia della presunta Cąttaro peucetica e quindi, indirettamente,
con quella della nostra Noicąttaro.
Kņtor, situata in fondo alle Bocche omonime del litorale montenegrino
(Boka Kņtorska), delle quali č il centro principale, nell'ansa meridionale,
ai piedi del Monte Leone (mt. 1749), č una deliziosa cittadina marittima
di circa 6.000 abitanti e sede di vescovado cattolico e greco-ortodosso.
La cittą acquistņ importanza all'interno delle Bocche, cui diede anche
il nome, sotto la dominazione bizantina (VII-XII secolo d. C.), subentrando
fin dal VII secolo , come centro principale delle Bocche, all'antica
Rhitinium (Ritinium, Risinium) [11]
oggi Risan, fondata nel II secolo a.C. pił a nord, nella baia attigua,
e che sin dall'antichitą aveva dato il suo nome a tutte le Bocche, chiamate
Rizonicos Colpos dai Greci e Sinus Rhizonķcus dai Romani
[12]
. Sulla fondazione storica di Cąttaro esistono varie interpretazioni
di scrittori e diverse leggende; perņ oggi sono in molti a stabilire
nel VII secolo d.C. la nascita della cittą, in greco bizantinoDecątera
(Tecątera) [13],
in latino Cątharum , la quale, forse, sarebbe sorta sul posto della
romana Ascruvium o Ascrivium, menzionata da Plinio il Vecchio [14]
.
Ma pare che anticamente Ascrivium fosse collocata in posizione pił arretrata
rispetto all'attuale sito di Kņtor e che la cittą, quindi, all'origine,
non era proprio sul mare. Secondo l'autore del Commentarius Urbanorum
Raffaele Volterrani, citato dal Cornelio Cąttaro sarebbe stata costruita
addirittura sul luogo dove sorgeva Ritinium ]15]
, riportata sulla tavola peutingeriana, sulla quale, invece, non si
riscontra quella Cąttaro peucetica tanto evocata dalla leggenda popolare
nojana. Comunque, come sostiene il Cornelio, non esiste un'opinione
precisa dei vecchi scrittori sull'epoca di fondazione di Cąttaro dąlmata
né sul nome dei suoi fondatori. Secondo alcuni, infatti, la nuova cittą
sarebbe stata fondata, in un luogo protetto, dagli abitanti di Ascrivio
scampati alle guerre; secondo altri, dagli abitanti in fuga di Rison
(Rizon) o Risano [16]
Lo Sforza dą in merito una interpretazione, che a noi sembra essere
la pił equilibrata: «Dai centri preesistenti al IX secolo [d.C.] di
Ascrivium e Rķzon verso l'ingresso delle Bocche (rispettivamente: all'interno
e a sud, sul mare e a nord), dei profughi si rifugiarono nella parte
pił interna del fiordo, ed inoltre il nuovo centro costruito in una
zona strategica invidiabile venne denominato Decątera, Tecątera, Cątharum,
ma tutto questo in un momento imprecisato», ed aggiunge che «a differenza
di alcune zone circostanti fortemente slavizzate. dal punto di vista
etnico Cąttaro rimase "romana" » (ricordiamo che la Dalmazia, nei secoli
VI e VII d. C., fu sottoposta all'invasione degli Slavi, provenienti
dalle regioni interne). Poi l'A. conclude che «dalle testimonianze successive
al secolo X si puņ solo dedurre che i suoi vescovi sono la continuita'
dei titolari di Ascrivium e che si considerano nell'area del Patriarcato
d'Occidente» [17]
Sul nome da dare alla cittą nascente, fu proprio un Vescovo, rimasto
anonimo, a mettere d'accordo, come dice la leggenda, gli Ascrķvi fondatori
della nuova cittą ed un gruppo di profughi bosniaci, che dicevano di
essere originari di un paese chiamato Cąttaro, abbandonato in patria.
Fatto regolare sorteggio, presente il Vescovo
[18] , dall'urna risultņ estratto il nome di Cąttaro,
cosģ come avevano desiderato e proposto che si chiamasse i profughi
della Bosnia, in ricordo del loro paese di origine ed anche per la difficoltą
di pronuncia del nome stesso di Ascrivio [19]
.
Il nojano Tagarelli, invece, obietta che a determinare la denominazione
del neo toponimo avrebbe contribuito la consistente presenza, tra i
diversi gruppi di profughi, di quelli provenienti dall'arcaica Cąttaro
pugliese [20].
Ma si tratta di una sua, personalissima ipotesi, con la quale tenta
di inserirsi con presunzione nella leggenda della popolazione slava,
senza averne alcun diritto o fondato motivo; oltre al fatto che la leggenda
medesima non affronta un periodo storico ben preciso, tale da permettere
allo storico di Noicąttaro di innestarvi o farvi coincidere alcuni passaggi
del racconto popolare nojano, che accenna, invece, ad un'epoca storica,
seppure in modo approssimativo. Alla luce di tali elementi, non riusciamo
proprio a vedere dove siano questi legami etnici, storici e leggendari
tra le due Cąttaro in questione, tanto vantati dal Roppo e dal Tagarelli.
Note
[8]
Cfr. Arch. Stor. Com. di Noicąttaro, Busta n° 1 (Categoria Amministrazione),
Classe: Monografia - stemma e sugelli, fascicolo 3°: La monografia e
la denominazione del Comune (1862 - 1865).
[9]
Ibidem. La versione data dal sindaco Didonna, l'unica che si possiede
presso il Comune di Noicąttaro circa le leggendarie origini del paese,
potrebbe essere stata ricavata dalla famosa delibera del 23 ottobre
1862 sul cambiamento del toponimo previsto dalle disposizioni ministeriali
dell'epoca, delibera scomparsa qualche tempo dopo in circostanze misteriose.
Si ha l'impressione che il testo scritto, pił che rimarcare fedelmente
la semplice tradizione orale della popolazione, riporti una leggenda
dottamente ricostruita, integrata con particolari storici addirittura
errati, come l'epoca della comparsa sulle coste pugliesi dei Saraceni,
che realmente č avvenuta nel IX secolo e non nell'VIII secolo d.C. (Cfr.
AA.VV., Puglia, Bari, Adda 1974, p. 28 ). Risulta perciņ evidente che
la vecchia leggenda locale sia stata dottamente manipolata per lo scopo.
[10]
Cfr. V. ROPPO, op. cit., p. 90.
[11]
Cfr. ENCICLOPEDIA JUGOSLAVA, Vol. V, voce: Kņtor, p. 346.
[12]
Cfr. GUIDA D'ITALIA T.C.I., Dalmazia, 1942, pp.223-225.
[13]
L'UGHELLO cosģ descrive la cittą all'inizio del 1700:«Maritima
Dalmatiae Urbs, munitissima, sub ditione venetorum cum portu tutissimo,
atque amplissimo, et arce, turcorum faucibus opposita, qui finitima
habet castrum risonum, unde poximus sinus nomen apud veteres obtinuit...».
Traduzione: Cittą marittima della Dalmazia, munitissima, sotto il controllo
dei veneziani con un porto sicurissimo e grandissimo e con una roccaforte
contrapposta alle mire dei Turchi, che confina con castrum Rizone, da
cui prese il nome, presso gli antichi, il vicinissimo golfo. (Cfr.F.UGHELLO,
Italia sacra, sive, De Episcopis Italiae et insularum adiacentium, VII
Venezia, Coleti, 1721, col.689) Il CORNELIO (op.cit.), p.1conferma quanto
dice l'UGHELLO:«In sinu maris, qui ritonius olim, nunc cątharensis
dicitur». Traduzione: Nel golfo che chiamato un tempo Ritonio
ora č detto di Cąttaro o cattarense. A proposito del significato del
toponimo, il CORNELIO (op. cit., p. 3 ) traduce cosģ in latino la descrizione
di Cąttaro, rilasciata in greco da COSTANTINO PORFIROGENITO nel 911
d. C., quando questi aveva il comando dell'impero d'Oriente:«Urbs
Decatera lingua romanorum significat angustatum, sive percussum, quoniam
mare ingredientur tamquam lingua coangustata, ad quindecim. immoetiam
ad viginti milia passum, estque urbs illa sita ad maris complementum».
Traduzione: La cittą di Cąttaro nella lingua romana significa luogo
stretto, ossia percosso, poiché il mare entra come una bocca ristretta
fino a quindici, anzi anche fino a ventimila passi, e quella cittą č
situata dove finisce il mare.
[14]
Cfr. M. PASINOVIC, Kņtor, versione inglese di NIKOLINA JOVANOVIC, Zagabria,
Turistkomerc 1989, 1992, p. 12. PLINIO (23-79 d.C.) collocava la cittą
romana dell'Illiria, Ascrivio, nella provincia della Liburnia, poco
distante da Epidauro (poi Ragusa, oggi Dubrovnik): «A Narone amne
C. milia passum abest Epidaurum Rizinium, Ascrivium...» (Cfr.
PLINIO, Storia naturale, Ediz. Italiana a cura di Gian. Biagio Conte,
Torino, Einaudi 1982, libro III, 144).
Traduzione: A 100 mila passi dal fiume Narone c'č la colonia di Epidauro.
Dopo Epidauro vengono le cittą romane di Rizinio, Ascrivio.... Qualcuno
ritiene Ascruvium fondata dai Greci con il nome di Akurion (Cfr. GUIDA
d'EUROPA T.C.I., Jugoslavia, 1990, p. 102). Richiamandosi alla Slavorum
Historia dell'Abate maltese Mauro ORBINO, il CORNELIO (op. cit., p.
1) riferisce che, secondo alcuni scrittori, Ascrivio sarebbe stata fondata
dagli Ascri, il nome di alcuni popoli della Sicilia ( Ascri: da "ASCRA",
borgo greco della Beozia, sul monte Elicona. (Cfr. l'Enciclop. Univ.
Fabbri, 1971 ); secondo altri, da una popolazione asiatica scampata
alla furia dei Greci assedianti Troia, che avrebbe fondato la nuova
cittą, ora chiamata Cąttaro, un tempo Rison (dal fiume omonimo presso
cui sorgeva), nell'appendice marina, fissandovi una dimora pił sicura.
Secondo il giudizio di alcuni storici, infine, conclude il CORNELIO,
il toponimo Ascruvium si sarebbe conservato fino al IX secolo d. C.,
cioč fino al tempo di Michele, figlio dell'Imperatore bizantino Teofilo.
[15] «
Ritinium PLINIO, POLIBIO autem Rhito oppidum civium romanorum, et amnis,
ubi nunc Cątharum cernitur arce venetorum renovatum oppidum »
(Cfr. F. CORNELIO, op. cit., p 3, righe 7-9).
Traduzione: Ritinium, secondo PLINIO, [si chiamava] la cittą dei cittadini,
ed il fiume, dove ora la cittą di Cątharum č scelta come roccaforte
dei veneziani.
[16]
Cfr. F. CORNELIO, op. cit., p. 1. A proposito della seconda ipotesi,
il CORNELIO. riporta un passo di Coriolano CAEPIO: «Catharus urbs
est Dalmatiae (in sinu Risonum sita) civibus frequens, agrum quoque
amplium et bene habitatum habet. Hanc Risonii diu bello vexati propriam
sedem reliquentes in tutiori loco aedificarunt».(C. CAEPIO. Ciapicus
Traguriensis, LIB. III: Gestorum Petri Mocenici Imperatoris, Venezia,
1477, in F. CORNELIO, op. cit., p. 2, righe 28-31).
Traduzione: Cąttaro č una cittą della Dalmazia ( situata nel golfo dei
Risoni ) densa di cittadini, ed ha anche un territorio ben tenuto. La
fondarono in quel luogo pił sicuro i Risoni, a lungo vessati dalla Guerra,
abbandonando la propria sede.
[17] Cfr.
F. SFORZA, op. cit. pp. 23-24.
[18]
«Non poteva la scelta del Vescovo prescindere dalla realtą cittadina
- spiega lo SFORZA -, giustificando il prestigio vescovile dell'epoca
qualora si consideri che a Cąttaro, come nelle altre cittą medievali,
la figura e la funzione del Vescovo erano in primissimo piano fra le
componenti della vita cittadina». (Cfr. F. SFORZA, op. cit., pp.
50-60 ). Si veda in particolare la nota 34 di pag.60, dove l'A. riporta
un significativo passo dell'Oblici Zivota Staroga Katora Vezaniza Katedrale
di Gracjia Braikovic, in cui, a proposito di Cąttaro nel Medioevo, sono
messi in evidenza la partecipazione diretta del Vescovo al governo della
cittą ed il ruolo di centralitą delle attivitą ecclesiastiche e civili
della cattedrale.
[19]
Cfr. F. CORNELIO, op. cit., p.4.
[20]
«E l'Ascruvium dovette dirsi Tekatera, con termine slavo, che
ripeteva la denominazione di Kattry, i cui immigrati, per numero, per
ricchezza, per intraprendenza, per civili costumi, pacificamente di
qui si trapiantarono sull'altra sponda adriatica ad attivare commerci
con quel paese, a legarsi in un comune interesse, a formare un popolo
nuovo sotto l'egida patronimica pił antica - accettata a ragion veduta
- e trasformata convenientemente al luogo diverso nella lingua dell'opposta
Regione, dirimpetto alla "terra" abbandonata, ma non dimenticata».
(Cfr. S. TAGARELLI, Il mio paese, III, cit., p. 49).