Il viaggio dei primi Missionari Napoletani
Galle, 18 novembre 1924 [
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Rev. in Cristo P. Provinciale,
Le scrivo mentre il cielo è grigio e sulla rustica cittadina
infuria la tempesta, una di
quelle tempeste che sembrano voler portar via con sé uomini
e cose. Alloggiato in una stanzetta del Vescovado in riva al mare
selvaggio e grigio come il cielo, occupo questo primo tempo libero
nel riassumerle brevemente il diario del nostro viaggio da Marsiglia
in poi.
Il giorno 10 ottobre alle ore 14, ci rechiamo accompagnati da un
fratello coordinatore, al porto della città cosmopolita.
Un rappresentante di Gook ci aspettava coi nostri bagagli.
Prendiamo posto nelle nostre cabine, bianche, nitide, abbastanza
larghe da potervi stare comodamente. In una entriamo io, il P. Basterini,
il P.Santoro e il F. di Paola; nell'altra entrata dirimpetto alla
nostra, il P. Casolaro e il F. Chiriatti, in compagnia di due bravi
giovani marsigliesi.
Alle 5 pom. Il fischio della sirena, dà il segnale della
partenza, le scale s'innalzano le gomene del molo si snodano, e
mentre sul ponte vedo intorno a me dei volti lagrimosi e un lungo
agitar di fazzoletti, il battello si muove, ingoiando ad uno ad
uno lentamente tutti gli anelli della lunga catena che avvince l'ancora.
E così, nel crepuscolo di una giornata piena di sole investito
dalle ultime pianure del tramonto, dò anche io con tutto
il cuore ma senza lacrime agli occhi, il mio ultimo saluto alla
terra d'Europa. Dopo alcuni istanti, poiché il buio aveva
avvolto di sue gramaglie il mondo, scesi in cabina e lì trovai
tutti allegri e giulivi, pensando tutti più alla terra promessa
che ci aspettava, che a quella che lasciavamo dietro di noi. Poco
dopo la campanella ci chiamava a refettorio per il pranzo.
Ci fecero situare tutti e sei in una tavola di mezzo insieme con
alcune altre persone che non conoscevamo affatto, con le quali fummo
riservati.
Dopo pranzo fatto tutto d'etichetta, risalimmo sul ponte e facemmo
riconoscenza con alcuni passeggeri. Viaggiavano con noi quattro
religiosi che andavano a Madarè. Furono le prime a venire
a domandarci a che ora avremmo detto messa il giorno seguente. Dopo
di loro e per la medesima ragione vennero a stringerci la mano un
capitano francese, un indiano e un tailandista, un ometto sulla
quarantina, alto un metro circa, mezzo buffone ma buon cattolico.
Per la celebrazione della messa non ci fu fatta difficoltà
alcuna, io e P. Santoro la dicemmo in cabina, mentre il P. Bastenier
e il P. Casolaro celebrarono in un piccolo salotto, gentilmente
concessoci dal sig. Commissario, dove potevano intervenire per assistere
alla messa e comunicarsi ogni giorno le suore e i tre passeggeri
conosciuti la sere precedente. La Domenica poi il sottoscritto diceva
la messa sul grande salone alle 8 per dare agio a quelli che volessero,
di compiere il loro dovere.
Si fece lo stesso anche il 1°, il 2 e il 3 novembre e grazie
a Dio c'erano quasi sempre una sessantina di persone che Assistevano
fra le quali alcuni negri, alcuni cinesi e un indiano. Abbiamo potuto
dire la messa ogni giorno. Da Marsiglia fino a Galle il mare è
stato sempre tranquillo, alcuni giorni anzi sembrava una tavola.
Siamo arrivati a Porto Said il 21 sera. Mancandoci la cera e le
ostie grandi per la messa, pensammo bene di scendere e dirigerci
da qualche prete cattolico per essere forniti: il P. Basternier,
il Padre Santoro restarono a bordo. Erano già le nove di
sera, quando mettemmo piede in città. Ci facciamo condurre
alla chiesa dei Francescani. Appena giunti nel cortile a destra,
in cima ad una porta leggiamo a grossi caratteri: Circolo giovanile
cattolico. Ci affacciammo, alcuni giovani ci vengono incontro, domandiamo
loro se sono italiani: Italiani siamo, rispondono, e ci conducono
immediatamente in un salotto dove un P. Francescano viene a salutarci.
Ci dette alcune candele, senza prendere nulla in compenso, ci parlò
con gran cuore e dopo una mezzoretta di conversazione si licenziò
amabilmente.
Partimmo da Porto Said la mattina seguente per giungere a Djibuti
(Giubuti) la sera del 28. Mai abbiamo sentito tanto caldo, quanto
nella traversata del mar Rosso. A Dijubuti ci fermammo solo la notte
e partimmo verso le 8 del mattino, diretti a Colombo, dove giungemmo
la mattina del 5 novembre. Verso le nove giunge al battello il R.
P. Superiore, insieme con un altro padre e un fratello coadiutore.
Era contento, allegro e ci accolse con tutta la delicatezza del
suo cuore buono.
Dopo aver aggiustato ogni cosa alla dogana prendemmo il tram e andammo
direttamente all'Arcivescovado.
L'Arcivescovo ci accolse con la bontà e la semplicità
di un padre, ringraziando il Signore dei nuovi operai che giungevano
al suo campo. Restammo qui la giornata intera.
La mattina seguente alle 8 e un quarto eravamo già in treno
per Galle. Alla stazione la maggior parte dei Padri aspettano.
Congratulazioni, saluti, stretta di mano, poi ci dirigiamo al Vescovado
che si trova vicino alla cattedrale e al collegio stesso. Lì
troviamo il Vescovo di Trincanvali, Amministratore permanente della
diocesi di Galle. Sono stato il primo ad essere abbracciato da lui,
era veramente commosso e ci aspettava come un padre sulla soglia
della casa aspetta i figliuoli lontani. Che effusione di bontà
e quanta paternità nelle sue parole! Lì feci ancora
conoscenza con altri Padri italiani. Ieri ebbi un lungo colloquio
con Monsignore, parlammo di tutto e di tutti. Mi disse subito che
era necessario che partissi con un altro Padre per una stazione
dove avrei avuto modo d'imparare il singalese.
Mi metterò in viaggio con Mons. Stesso per giungere domani
a Balangoda che dista di qui circa 250 km. Ieri sera i ragazzi del
collegio vollero festeggiare con una piccola accademia i nuovi venuti.
Ci intrattennero con diversi canti e suoni e con poesie non ne capii
quasi nulla. Ma ero contento di vedere che gran cuore questi piccoli
scugnizzi (così li chiamerebbero a Napoli, perché
vanno tutti scalzi) si industriavano di darci il benvenuto. Metto
fine alla presente, perché mi manca il tempo. Dalla mia nuova
residenza scriverò una più interessante.Oggi ho battezzato
una piccola singalese. Comincia la mia opera d'apostolo. Mi raccomando
alle sue preghiere.
Nicola M. Laudadio S.J.
Note
[ 1 ]
Il
testo di questa lettera inviata al Padre Provinciale è la
manuale trascrizione di essa fatta dalla sorella Mariuccia, alla
quale fu gentilmente prestata per copiarsela.
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