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Cartolina inviata il 6.10.1924.
"Sono arrivato ieri sera a Roma....."


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Retro della cartolina inviata il 6.10.24.
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Il preposito Provinciale e i primi cinque Gesuiti Napoletani destinati alla Missione del Ceylon (1924).
Seduti: P. Nicola Laudadio - Preposito provinciale - P.Giovanni Santoro
In piedi: P. Gennaro Casolaro - Scolastico Reatino Chiriatti - Fratello Antonio Di Paola.


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Padre Laudadio tra i primi adepti del Cristianesimo



 

 

 

Il viaggio dei primi Missionari Napoletani
Galle, 18 novembre 1924
[ 1 ]


Rev. in Cristo P. Provinciale,
Le scrivo mentre il cielo è grigio e sulla rustica cittadina infuria la tempesta, una di
quelle tempeste che sembrano voler portar via con sé uomini e cose. Alloggiato in una stanzetta del Vescovado in riva al mare selvaggio e grigio come il cielo, occupo questo primo tempo libero nel riassumerle brevemente il diario del nostro viaggio da Marsiglia in poi.
Il giorno 10 ottobre alle ore 14, ci rechiamo accompagnati da un fratello coordinatore, al porto della città cosmopolita. Un rappresentante di Gook ci aspettava coi nostri bagagli.
Prendiamo posto nelle nostre cabine, bianche, nitide, abbastanza larghe da potervi stare comodamente. In una entriamo io, il P. Basterini, il P.Santoro e il F. di Paola; nell'altra entrata dirimpetto alla nostra, il P. Casolaro e il F. Chiriatti, in compagnia di due bravi giovani marsigliesi.
Alle 5 pom. Il fischio della sirena, dà il segnale della partenza, le scale s'innalzano le gomene del molo si snodano, e mentre sul ponte vedo intorno a me dei volti lagrimosi e un lungo agitar di fazzoletti, il battello si muove, ingoiando ad uno ad uno lentamente tutti gli anelli della lunga catena che avvince l'ancora.
E così, nel crepuscolo di una giornata piena di sole investito dalle ultime pianure del tramonto, dò anche io con tutto il cuore ma senza lacrime agli occhi, il mio ultimo saluto alla terra d'Europa. Dopo alcuni istanti, poiché il buio aveva avvolto di sue gramaglie il mondo, scesi in cabina e lì trovai tutti allegri e giulivi, pensando tutti più alla terra promessa che ci aspettava, che a quella che lasciavamo dietro di noi. Poco dopo la campanella ci chiamava a refettorio per il pranzo.
Ci fecero situare tutti e sei in una tavola di mezzo insieme con alcune altre persone che non conoscevamo affatto, con le quali fummo riservati.
Dopo pranzo fatto tutto d'etichetta, risalimmo sul ponte e facemmo riconoscenza con alcuni passeggeri. Viaggiavano con noi quattro religiosi che andavano a Madarè. Furono le prime a venire a domandarci a che ora avremmo detto messa il giorno seguente. Dopo di loro e per la medesima ragione vennero a stringerci la mano un capitano francese, un indiano e un tailandista, un ometto sulla quarantina, alto un metro circa, mezzo buffone ma buon cattolico. Per la celebrazione della messa non ci fu fatta difficoltà alcuna, io e P. Santoro la dicemmo in cabina, mentre il P. Bastenier e il P. Casolaro celebrarono in un piccolo salotto, gentilmente concessoci dal sig. Commissario, dove potevano intervenire per assistere alla messa e comunicarsi ogni giorno le suore e i tre passeggeri conosciuti la sere precedente. La Domenica poi il sottoscritto diceva la messa sul grande salone alle 8 per dare agio a quelli che volessero, di compiere il loro dovere.
Si fece lo stesso anche il 1°, il 2 e il 3 novembre e grazie a Dio c'erano quasi sempre una sessantina di persone che Assistevano fra le quali alcuni negri, alcuni cinesi e un indiano. Abbiamo potuto dire la messa ogni giorno. Da Marsiglia fino a Galle il mare è stato sempre tranquillo, alcuni giorni anzi sembrava una tavola. Siamo arrivati a Porto Said il 21 sera. Mancandoci la cera e le ostie grandi per la messa, pensammo bene di scendere e dirigerci da qualche prete cattolico per essere forniti: il P. Basternier, il Padre Santoro restarono a bordo. Erano già le nove di sera, quando mettemmo piede in città. Ci facciamo condurre alla chiesa dei Francescani. Appena giunti nel cortile a destra, in cima ad una porta leggiamo a grossi caratteri: Circolo giovanile cattolico. Ci affacciammo, alcuni giovani ci vengono incontro, domandiamo loro se sono italiani: Italiani siamo, rispondono, e ci conducono immediatamente in un salotto dove un P. Francescano viene a salutarci. Ci dette alcune candele, senza prendere nulla in compenso, ci parlò con gran cuore e dopo una mezzoretta di conversazione si licenziò amabilmente.
Partimmo da Porto Said la mattina seguente per giungere a Djibuti (Giubuti) la sera del 28. Mai abbiamo sentito tanto caldo, quanto nella traversata del mar Rosso. A Dijubuti ci fermammo solo la notte e partimmo verso le 8 del mattino, diretti a Colombo, dove giungemmo la mattina del 5 novembre. Verso le nove giunge al battello il R. P. Superiore, insieme con un altro padre e un fratello coadiutore. Era contento, allegro e ci accolse con tutta la delicatezza del suo cuore buono.
Dopo aver aggiustato ogni cosa alla dogana prendemmo il tram e andammo direttamente all'Arcivescovado.
L'Arcivescovo ci accolse con la bontà e la semplicità di un padre, ringraziando il Signore dei nuovi operai che giungevano al suo campo. Restammo qui la giornata intera.
La mattina seguente alle 8 e un quarto eravamo già in treno per Galle. Alla stazione la maggior parte dei Padri aspettano.
Congratulazioni, saluti, stretta di mano, poi ci dirigiamo al Vescovado che si trova vicino alla cattedrale e al collegio stesso. Lì troviamo il Vescovo di Trincanvali, Amministratore permanente della diocesi di Galle. Sono stato il primo ad essere abbracciato da lui, era veramente commosso e ci aspettava come un padre sulla soglia della casa aspetta i figliuoli lontani. Che effusione di bontà e quanta paternità nelle sue parole! Lì feci ancora conoscenza con altri Padri italiani. Ieri ebbi un lungo colloquio con Monsignore, parlammo di tutto e di tutti. Mi disse subito che era necessario che partissi con un altro Padre per una stazione dove avrei avuto modo d'imparare il singalese.
Mi metterò in viaggio con Mons. Stesso per giungere domani a Balangoda che dista di qui circa 250 km. Ieri sera i ragazzi del collegio vollero festeggiare con una piccola accademia i nuovi venuti. Ci intrattennero con diversi canti e suoni e con poesie non ne capii quasi nulla. Ma ero contento di vedere che gran cuore questi piccoli scugnizzi (così li chiamerebbero a Napoli, perché vanno tutti scalzi) si industriavano di darci il benvenuto. Metto fine alla presente, perché mi manca il tempo. Dalla mia nuova residenza scriverò una più interessante.Oggi ho battezzato una piccola singalese. Comincia la mia opera d'apostolo. Mi raccomando alle sue preghiere.

Nicola M. Laudadio S.J.

 

Note

[ 1 ] Il testo di questa lettera inviata al Padre Provinciale è la manuale trascrizione di essa fatta dalla sorella Mariuccia, alla quale fu gentilmente prestata per copiarsela.