Mons. Laudadio ed i suoi rapporti con i prigionieri italiani deportati
nelle Indie nel periodo intorno al secondo conflitto mondiale.
Gli Inglesi, nel liberare i territori coloniali
italiani d'Africa, nel corso della seconda guerra mondiale, usavano
trasferire i nostri soldati fatti prigionieri nei loro possedimenti
coloniali dell'Asia.
Tra questi prigionieri vi era un soldato nojano della classe 1920
catturato in Libia, ivi appena sbarcato (1940): un certo Diciolla
Giambattista, il quale fu subito deportato nell'isola di Ceylon,
dove rimase fino al 1947, e rinchiuso in un campo di concentramento
di prigionieri italiani a pochi km da Galle, dove in quel momento
esercitava il ministero episcopale il nostro concittadino Mons.
Nicola Laudadio.
A Noicàttaro il Diciolla era apprendista falegname nella
bottega del sig. Giuseppe De Florio, conosciuto come Peppino Reginella,
sita in Via Madre Chiesa, angolo Via Reginella.
Un giorno, ormai a guerra finita, fu preannunziata ai prigionieri
del campo l visita ufficiale del Vescovo di Galle, di origine italiana.
Il giorno della visita, il Vescovo, mentre passava in rassegna i
prigionieri italiani schierati in bell'ordine, secondo il costume
militare inglese, venne casualmente riconosciuto dal fante Giambattista
Diciolla come suo concittadino, che lo aveva visto a Noicàttaro
nel 1935 in occasione della sua prima venuta da Vescovo.
Allora il Diciolla, mentre il Vescovo proseguiva il suo cammino,
pregò vivamente il proprio Capitano di riferirgli che tra
i soldati italiani schierati appena passati in rassegna c'era anche
uno nativo del suo paese d'origine.
Accogliendo questa richiesta, il Capitano si avvicinò e comunicò
al Vescovo, con discrezione, quanto il soldato Diciolla gli aveva
rivelato.
A questa notizia, che gli procurò tanta gioia, ma subito
contenuta per la circostanza, il Vescovo interruppe la sua passerella
e chiese di essere condotto da quel soldato, che aveva detto di
essere suo compaesano.
L'incontro con il suo giovane concittadino fu, come si può
immaginare, un momento di grande emozione per entrambi.
L'ufficialità della visita non gli consentì di intrattenersi
oltre, ma promise al suo concittadino che l'avrebbe fatto prelevare
all'indomani da un suo parrocchiano per condurlo nel suo vescovado.
Il mattino dopo, infatti, come promesso, il soldato vide giungere
al campo un uomo con due muli, uno dei quali doveva essere cavalcato
da lui per raggiungere insieme a quello la città di Galle,
dove era atteso da Mons. Laudadio.
Appena giunto in Vescovado, il Diciolla venne introdotto nello studio
di Monsignore, che lo accolse con tutto l'affetto filiale, e così
trascorsero insieme l'intera giornata parlando quasi esclusivamente
della loro lontana cittadina natale, Noicàttaro, ricordando
fatti, personaggi ed affetti a loro cari ivi lasciati.
Mons. Laudadio impose amorevolmente al suo amico interlocutore di
conversare esclusivamente nella comune lingua madre: il nojano,
tanto che, quando quest'ultimo inconsciamente, incappava in qualche
espressione italiana, forse perché aveva un po' di soggezione
per la sua veste vescovile, lo riprendeva animatamente battendo
le mani sulla scrivania e lo invitava perentoriamente a non farsi
suggestionare dalla sua personalità, ma a continuare solo
in nojano , cioè alla paesana maniera.
Come ricordo di questo incontro, Mons. Laudadio diede al Diciolla
due santini raffiguranti S. Antonio da Padova, di cui egli era molto
devoto.
(Notizie raccolte
ed elaborate da Marino Latrofa).
Altro episodio di rapporti con prigionieri italiani tradotti in
campi di concentramento siti nella sterminata India è quello
che fece stringere sempre di più l'amicizia con Mons. Laudadio,
sia pure attraverso la limitatissima corrispondenza epistolare,
con il maestro Angelo Lasorella, stimatissimo cittadino nojano.
Il maestro Lasorella, combattente in Grecia, poi in Cirenaica, venne
fatto prigioniero dagli inglesi e tradotto in un campo di concentramento
nella immensa India.
Mons. Laudadio tenne sempre viva la Fede in Dio del nostro concittadino,
sia pure con le pochissime parole consentite per comunicare con
lui.
Iddio volle che il maestro Lasorella, tornato a Noicàttaro
dopo lunghissima prigionia, avesse la grande soddisfazione di vedere
amministrare dalle di Lui mani il Sacramento della Cresima al suo
caro figlio Lorenzo Maria (agosto 1958)
Nella successiva ed ultima venuta a Noicàttaro di Mons. (1962),
l'amico Angelo fu tra i primi ad essergli accanto in segno di affettuosa
riconoscenza per l'aiuto spirituale ricevuto durante la durissima
e prolungata prigionia.
(Notizie fornite
dalla sig.ra Maria Pignataro ved. Lasorella).
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