S.E. Mons Nicola Laudadio
Nella medesima casa d'un infaticabile ed onesto
artigiano - nella antica Via nojana delle "Fornaci" -
ribattezzata col nome di Oberdan!- al n.4 - a primo piano , forse
nella cameretta retrostante alla bottega da sarto - il giorno 14
di un mattino di aprile dell'anno 1891 nacque in Noicàttaro,
Da Giuseppe e da Raffaella Macchia: Nicola Vito Laudadio. Intorno
alla sua povera culla chi avrebbe potuto pensare ad uno di quei
tanti miracoli che la divina Provvidenza opera tra gli uomini di
buona volontà a gloria del Cielo e della terra?
Quale oroscopo avrebbe indovinata la predestinazione di quel Bimbo?
"Mest Gsepp" fu un operaio dei tanti di quel tempo, che
per sbarcare il lunario, con la sua numerosa famiglia, non si concesse
riposi alla dura fatica. Noi lo ricordiamo indefesso lavoratore,
bravo e valente nel suo mestiere, ben educatore rispettoso, umile,
economo, ordinato timorato di Dio. Nei suoi sacrifici e nei suoi
stenti si sentiva rianimato dalla comprensione e dalla collaborazione
della sua Compagna; nelle sue speranze non pose sogni ambiziosi;
con la sua Fede cieca insegnò, prima ai figli, come cadendo
al termine della via dolorosa, il compenso più alto e più
prezioso ad ogni vita vissuta bisogna attenderselo dalla augusta
Mano di Dio.
Ed egli, se anche sulla terra, meno fortunato della consorte, colse
già non poche delle soddisfazioni umane, che gli spettavano,
nel Cielo gode con lei dei favori e del premio che l'Altissimo concesse
agl'impareggiabili figli, orgoglio della famiglia, orgoglio della
patria.
La vita di alcuni grandi Uomini non può essere compresa in
una biografia: nel tracciarla infatti, sulla scorta della documentazione,
noi non ci fermiamo che alle tappe ascensionali di quella vita;
ma… quanta storia tra un avvio ed una sosta lungo l'aspro
cammino!….Chi Può dire, infatti, dell'infanzia e della
prima giovinezza di Nicolino Laudadio? A quale prezzo egli si formò
nella famiglia e nella scuola, nella società del "suo
paese"?
Chi può scrivere di lui nel periodo della sua vocazione fino
al raggiungimento felice del suo "stato sacerdotale"?
Chi ha potuto seguire il nostro don Nicola, mite e ardente missionario,
nelle innumerevoli difficoltà, affrontate dal suo indomito
coraggio, dal suo spirito intraprendente, dall'animo franco, ed
abbattuto dalla sua indole fiera e pugnace, dalla perseveranza eroica
nel sacrificio e nell'apostolato? Chi conosce il travaglio dell'anima
di S. E. Mons. Vescovo Laudadio, nei sei lustri del suo difficile
e laborioso Episcopato?
In questo grande silenzio, nel quale è avvolta ciascuna di
queste tappe della sua vita, io credo che si trovi il senso più
religioso - quasi evangelico - della volontà, decisa e votata
ad uno scopo superiore, e quindi il merito essenziale per ogni sofferenza
patita, per ogni rinunzia fatta, per ogni sforzo compiuto, per ogni
ardimento tentato, per ogni vittoria conseguita. In quel grande
silenzio si forgiano le Anime sante, si sublimano comunque gli uomini
in Dio.
Dotato di energia fisica pari alla inconcussa forza morale - perspicuo
pensatore, du'intelligenza penetrativa, analitica e sintetica insieme,
volitivamente impegnato a trar profitto dalle doti essenziali del
suo cervello e del suo cuore - accettando l'ufficio di "missionario",
Mons. Laudadio fu consapevole appieno che l'assolvere un tal compito
- a qualunque costo - è un dovere per un cristiano perfetto
ed è il più eroico per un Sacerdote di buona lega.
Sfidando pericoli e morte, egli effettua la sua conquista, la conquista
del valore intero della sua vita di apostolo, conquista che non
è già fatta per sé, ma per gli altri che non
è già fatta di beni materiali da assicurarsi e da
godere in possesso, ma del Bene spirituale da condividere fraternamente
e da la sciare in eredità ai convertiti e ai peccatori, in
una società che si muta progredendo sotto i suoi stessi occhi,
in quella delle generazioni venture, che muoveranno dalla civiltà
cristiana, affermata e consolidata dall'opera sua.
In mezzo alle innumerevoli traversie ed alle gravi responsabilità
(più onerose, dacché eletto vescovo della diocesi
di Galle il 5 agosto 1934, nella cui cattedrale fu solennemente
consacrato il 30 settembre successivo - consolatrice gli arrise
sempre la speranza - oggi divenuta certezza per guiderdone divino
- che un giorno la sua "Missione" avrebbe dato i suoi
frutti; che quel mondo scuro, in cui penetrava per suo mezzo, il
raggio luminoso della Bontà di Dio e della Dottrina cristiana,
sarebbe uscito dalla notte selvaggia: in mezzo alle sue indicibili
tribolazioni, alle sue torture, una possente Forza lo sorresse s
e fu il fascino di quella Fede, che lo entusiasmò da bimbo,
il fascino di quel "Vero" in lui adulto e maturo, alla
cui conoscenza volle e seppe guidare anime ottenebrate e incolte!
"Fortes in Fide" è infatti il motto ch'egli volle
nel suo stemma episcopale. Ed egli ben seppe d'essere nel novero
di quei "Forti"!
Noicàttaro ha salutato questo suo grande Figlio in tre indimenticabili
occasioni: la prima - nell'ottobre 1924 - quand'egli venne a congedarsi
dalla famiglia, dagli amici, dal paese, alla vigilia della sua partenza
volontaria nelle "Missioni cattoliche" delle Indie inglesi;
la seconda, nel 1935, la prima volta da Vescovo, dopo undici anni
di fervido apostolato missionario, amministrando nella chiesa dei
Cappuccini la cresima a cinque giovani nojani; la terza, quando
nel 1947, in temporaneo rimpatrio da Ceylon, volle qui riabbracciare
e benedire ancora una volta, nella mamma superstite, il suo popolo
e la sua città natale.
Nella prima circostanza, pochi ebbero la fortuna di avvicinarlo,
perché le poche ore di licenza dalla Comunità egli
volle riempire degli affetti più intimi; e pochi del resto
l'avrebbero conosciuto sin d'allora, se sul n. 18 del " Crivello"
di Vincenzo Fiorentino - data 1 ottobre 1924 - non fosse apparso
un articolo profetico dell'illustre medico scrittore, dott. Giuseppe
Sturni, dal titolo: "Eroi ignorati".
Ma nella seconda comparsa tra noi, Noicàttaro visse, come
molti ricorderanno, una delle sue memorabili giornate di sentito
e travolgente entusiasmo, con l'attestato plebiscitario che il popolo
dette all'eroico Vescovo nel 1935. Quando, nella terza circostanza,
nel dicembre del 1947, egli riapparve tra noi, si trattenne qui
qualche giorno in più intima comunione di sentimenti, forse
perché più profondamente volle immergersi nell'animo
del suo paese. Dopo la cerimonia ufficiale, che si ripetette in
suo onore sul palazzo di città, rimase qui di proposito,
forse perché, al di fuori e al di sopra delle vane forme,
più lo interessò nel suo ministero di "Maestro
in Cristo" la salute morale e religiosa del suo popolo, cui
dedicò umilmente giornate di passione e di paterno interesse,
quasi fossero state per lui "il testamento dell'amore agli
eredi" - la sincera e cordiale donazione d'ogni bene, come
di chi pensa ad un distacco definitivo, imposto dal dovere, dall'età,
dalla lontananza…
Com'io stesso dissi - tra l'altro sul n. 24 del 14 dicembre 1947
della nuova edizione del "Crivello": «il ritorno
tra noi del valoroso Vescovo Missionario palpita d'una certezza
realizzata: è motivo di soddisfazione e di onore cittadino:
esige nel riconoscimento del "Merito" delle "Glorie
nostre" la doverosa esaltazione delle congenite virtù
della nostra razza».
Pochissimi indubbiamente sono coloro che conservano - per l Storia
- l'una e l'altra copia su citate di quel nostro benemerito periodico;
e pertanto stimo necessario che i giovani, oggi avviliti e disorientati,
e tuttavia bramosi di rituffarsi nella Luce dei più veri,
dei più santi ideali umani, si rincuorino e si ritemprino
nella conoscenza del loro passato, e da esso attingano la rieducazione
al lavoro e al sacrificio per restaurare il vacillante mondo morale
e civile.
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