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La stazione di Torrepelosa,
veduta dal retro




 

Stazioni ferroviarie, vicende e ammodernamenti

 

La Società torinese “Ferrovie meridionali” costruisce la tratta ferroviaria “Bologna–Lecce”, che attraversa il territorio nojano della contrada costiera di Torrepelosa.
La detta tratta inaugurata il 25 maggio 1865 dai Principi reali di casa Savoia, nel 1922 passa alle F. S.
Il fabbricato della stazione, realizzato su suolo comunale, gratuitamente ceduto, nei bollettini degli orari di partenza ed arrivi pubblicati dalle ferrovie nazionali, è titolato “Stazione di Torrepelosa”.



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La carrozza di Policchio

Il Comune di Noicàttaro, per favorire gli operatori commerciali nojani, impiegati, studenti, ecc., che si devono recare a Bari od altrove in Italia, istituisce un servizio pubblico di carrozze trainate da cavalli (la carrozza di Policchio), le quali, percorrendo la strada provinciale n. 57, trasportano alla stazione gli utenti nei tempi opportuni per prendere i treni di loro utilità e prelevarli per il ritorno a casa.
Durante l’estate, quando i villeggianti tutti nojani, per ritemprare lo spirito ed il corpo, dimoravano nel sobborgo di “Fontana Nuova”, spesso nelle sere più calde, i componenti di famiglie amiche con i propri figli (dai sei anni in su) organizzavano la passeggiata serale sino al passaggio a livello ferroviario, posto sulla Via per Noicàttaro, per vedere passare il direttissimo Lecce – Milano.
Io rimanevo impressionato dall’imponenza della locomotiva, dall’assordante rumore di ferraglie e dalla velocità con la quale transitava tutto il convoglio.

 

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Macchina a vapore per treni velocissimi

Durante l’estate, quando i villeggianti tutti nojani, per ritemprare lo spirito ed il corpo, dimoravano nel sobborgo di “Fontana Nuova”, spesso nelle sere più calde, i componenti di famiglie amiche con i propri figli (dai sei anni in su) organizzavano la passeggiata serale sino al passaggio a livello ferroviario, posto sulla Via per Noicàttaro, per vedere passare il direttissimo Lecce – Milano.
Io rimanevo impressionato dall’imponenza della locomotiva, dall’assordante rumore di ferraglie e dalla velocità con la quale transitava tutto il convoglio.

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La stazione di Torre a Mare,
con l'aggiornamento della tratta ferroviaria elettrificata.

 

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La vecchia stazione di Noicàttaro

Quarant’anni dopo (1905) la “Società Ferrovie del SUD – EST” realizza il collegamento ferroviario tra Bari e Locorotondo, allacciando gran parte dei paesi posti a Sud-Est del capoluogo provinciale, tra i quali Noicàttaro.
A questo punto, il titolo dato alla stazione di Torrepelosa è in contrasto con la nuova stazione nata nel capoluogo nojano, per cui si concorda, onde evitare confusione di denominare la prima, Noicàttaro – Torrepelosa, scartando la proposta di chiamarla Noicàttaro Campagna, e la seconda Noicàttaro Città.
Ma, una volta aggregata al territorio di Bari (1934) la contrada costiera nojana di Torrepelosa, che viene ridenominata dal Podestà di Bari (lo storico peuceta Viterbo) “Torre a Mare” (1938), le F. S. accolgono la richiesta di adeguare la denominazione del manufatto, che tuttora insiste sul territorio nojano, (ad ogni effetto) al nuovo Toponimo.
Conseguentemente, la stazione posta sulla ferrovia del Sud – Est, perde la citazione di “Città”.


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Il passaggio del treno sul ponte sul tratto di Lama detta "Calcara" ,in una ricostruzione dell' arch Vito Ardito

Il manufatto della stazione sulla tratta della ferrovia del Sud - Est sorge sulla proprietà dell’arciprete del tempo mons. Vincenzo Pardo al quale era pervenuta in donazione da Francesco Settanni (detto ciamp – d- lou-p).
Detta proprietà parte dal passaggio a livello per Via Casamassima sino a quello di Via Cappuccini.
È nello scavare la zona per edificare il manufatto in questione che viene rinvenuto il cinturone in bronzo d’era anteriore a quella cristiana.

 
Le vicende, però, non finiscono, anzi, si complicano.
Noicàttaro soffre la presenza di ben sette passaggi a livello tra custoditi e incustoditi dal confine con Capurso a quello con Rutigliano.
Quello di Capurso è custodito dalla famiglia Biancofiore, quello per il nuovo cimitero (causa di un incidente molto pesante di vite umane) dalla famiglia Miulli, quello di via Casamassima, non molto tardi, dall’ invalido sig. Nicola Pagliarulo, quello prima di Via Cappuccini dalla famiglia Biancofiore ed infine quello di Via Cappuccini dall’ invalido Vito Masotti.

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La nuova stazione di Noicàttaro

Con l’attuale traffico stradale d’ogni tipo detta sofferenza è molto forte.
Pertanto, l’Amministrazione Comunale (fine ‘900) diretta dal prof. Giovanni Parisi, dopo anni di insistenti richieste alle autorità governative centrali e ferroviarie, ottiene il finanziamento per la realizzazione di un’opera che ha eliminato tutti i passaggi a livello, lo spostamento dei binari e la costruzione di un nuovo manufatto come stazione secondo le norme più consone ai tempi.
Oggi 5 ottobre 2003 detta opera è divenuta operativa a tutti gli effetti anche se occorre realizzare i vari collegamenti stradali.

 

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Una delle vaporiere della Sud-Est

 

 

Quando una cosa del passato scompare, in me i ricordi si fanno sempre più vivi.
Naqui in via Garibaldi, 61, 18 anni dopo l’attivazione della ferrovia del Sud – Est.
La stazione posta in fondo a via Bovio, realizzata appositamente, è sita proprio di fronte a casa a circa 200 m.
Durante la frequenza delle elementari ero solito andare a giocare con Attilio il figlio del capo stazione Giuseppe Neglia, che spessissimo ci rimproverava su segnalazione del guardasala Smaldino per le imprudenze che commettevamo.
Il piazzale della stazione aveva solo due binari e tra essi un braccio girevole di ghisa alto circa tre metri che era collegato al deposito delle piscine d’acqua per rifornire le locomotive dell’elemento operativo.

Le locomotive costruite in Belgio portavano il nome di ciascun Comune attraversato.
Quella col n. 13, la più grande e potente utilizzata per i convogli merci era titolata Noicàttaro.
Le carrozze viaggiatori del tempo erano simili a quelle dei fumetti di Topolino.
Quando entravo nella stanza del capo stazione ero attratto fortemente dal ticchettio del telefono “morse” che all’epoca veniva utilizzato per le comunicazioni tra le stazioni circa la partenza del treno e dal corrispondente suono caratteristico del campanello d’epoca, annunciante agli interessati l’arrivo del treno.
A parte tutte le marachelle commesse lungo i pendii dei terreni attraversati dai binari, ricordo, per aver utilizzato moltissimo i vari treni per ragione scolastiche (Liceo classico a Conversano, Liceo scientifico a Bari, biennio d’ingegneria a Bari), quanto avveniva nelle carrozze viaggiatori: innamoramenti, aria irrespirabile per il fumo, chi voleva il finestrino aperto, chi lo voleva chiuso, l’anti carrozza scoperta e il collegamento molto pericoloso tra di esse.

Non mancano gli incidenti.
Nel 1921 durante i convulsi scioperi nazionali prima dell’avvento del fascismo avviene uno scontro tra treni in cui rimane malconcio il maestro Pasquale Pignataro (nipote del maestro Anelli).
Con l’avvento del fascismo il parco carrozze comincia ad essere modificato.
Sono introdotte le “littorine” (in omaggio al fascio littorio).
Durante la seconda guerra mondiale, però, le carrozze viaggiatori sono i carri bestiame. I disagi per i viaggiatori sono enormi.
A guerra finita le modifiche alla rete ed al parco vetture diventa sempre più incalzante sia a causa del incremento del numero dei viaggiatori, sia dalle nuove tecnologie che non ammettono più sistemi antiquati.

Con la trasformazione della agricoltura nojana (elevata produzione di uva da tavola) il piazzale della stazione assume un vero e proprio groviglio di camion, camioncini, carretti, che portano l’uva (all’ora solo “Uva Regina o Mennavacca”) confezionata, nelle apposite cassette, nei magazzini dalle mani esperte di donne venute dall’Abruzzo, per stivarle sino a sera tardi alla luce di candele, nei carri merci normali o in quelli frigoriferi per quella destinata all’estero.
La sera partivano per Bari treni composti da 20/30 vagoni dei quali alcuni venivano agganciati ai convogli delle diverse destinazioni.
In tutto quel baillame di far presto non manca l’incidente mortale per un esportatore.
Oggi, nonostante l’incremento della produzione di uva, il piazzale della stazione è un deserto.
Il trasporto su gomme ha preso il sopravvento, anche perché i tir sono dei veri e propri enormi vagoni frigoriferi viaggianti sulle autostrade a velocità superiore a quella dei treni con grande vantaggio per il prodotto, che arriva nei mercati fresco e, quindi, molto competitivo.

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Il passaggio a livello di via Cappuccini e il custode Vito Masotti
(disegno: arch Vito Ardito).

Già da moltissimi anni non vedo più il sig. Vito Masotti o un suo figlio con un piccola bandiera rossa in mano venire a sbarrare i binari con le catene e non sento più l’arrancare e sbuffare delle locomotive a vapore nell’affrontare la salita dei Cappuccini.

Il ricordo, sotto un certo aspetto poco piacevole, è che con l’eliminazione del passaggio a livello di via Cappuccini, dal quale vivo a pochissimi metri di distanza, non sento più l’amico suono della campanella, che sin dalle prime luci del nuovo giorno, annunciava il passaggio del primo treno, la qual cosa mi chiamava a darmi da fare per recarmi al lavoro.
Ciò mi dice che anch’io sto per chiudere con il presente, consapevole, però, che quanto sopra detto è il prezzo che andava dovuto al progresso realizzato a favore della Comunità nojana, sciente e non.

Noicàttaro, 5 ottobre 2003


 
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