PREFAZIONE
Ogni volta che vedo Giacomo Settanni, quando passa
a salutarmi nello studio dove lavoro o l’incontro casualmente
per strada, ho la sensazione che il colloquio con lui mi lascerà
qualcosa.
A Giacomo piace parlare, accennare, ricordare e sorprendere con
le storie della nostra città, dei suoi abitanti, dei soprannomi
degli uomini, dei documenti, delle strade.
Il tutto non è mai esternato con saccenteria ma con quel
senso di ironia di chi “conosce” le cose e le snocciola
a poco a poco sapendole condire con un pizzico di mistero; ad un
certo punto poi si interrompe e profferisce: “Eh, quando leggerai,
sul prossimo libro che sto preparando, come andarono le cose...”,
la frase non è casuale perché Settanni è sempre
instancabilmente al lavoro; il suo interesse principale, le sue
giornate sono perlopiù dedicate alla ricerca, allo studio
e alla conoscenza del nostro paese.
Il rapporto d’estrema consapevolezza tra Giacomo e l’opera
dei suoi studi è un filo rosso continuo, un legame saldissimo
costruito con rispetto verso i temi della ricerca; pare che l’obbiettivo
che l’autore persegua non sia stilare il lavoro allo scopo
di pubblicarlo, ma lo studio stesso, il modo instancabile di assemblarlo,
il tutto con volontà di realizzare delle conoscenze da mettere
a disposizione di chi ha interesse alle vicende del paese, come
dice Settanni, le vicende di Noja.
I temi che Giacomo ha affrontato all’interno di questo lavoro:
la toponomastica del sistema viario del nostro paese, come le strade
e i vicoli siano sorti, si siano evoluti o in alcuni casi siano
scomparsi, soprattutto come e perché la gente li ha denominati.
Le strade descritte nel testo che segue sono elencate (poiché
la peculiarità della materia lo richiede) con rigorosità
scientifica; traspare quasi, tra le righe, la fredda serialità
dei documenti e protocolli riportati alla luce da Settanni, ma è
un grande patrimonio ciò che viene recuperato dalla polvere
degli archivi e consegnato all’interesse degli addetti ai
lavori o ai comuni cittadini.
Nel contesto in cui viviamo, il così detto villaggio globale
dei mass-media caratterizzato dai flussi d’informazione in
tempo reale, non ci è più consentito di fermarci a
riflettere sulle “storie vecchie”; tanto in genere non
si conosce, non si sa cosa c’era prima in un posto, poiché
nessuno lo racconta.
Spesso, oggi si dibatte sul tema del recupero delle culture da cui
si proviene, sul fatto che si sono persi i tradizionali sistemi
di tramandare per via orale le conoscenze. Per noi è Giacomo
Settanni che si prende in prima persona l’impegno di raccontare,
di ricordare quel patrimonio essenziale di cui nessuno mai parla,
un patrimonio che riesce a valorizzare solo chi ha capacità
di cogliere con occhio attento quegli aspetti importanti di storia
del quotidiano, che non si trovano nei libri ufficiali ma che sono
il legame con le radici culturali del nostro paese.
L’opera di Settanni, in questo caso, si occupa delle vie di
Noicàttaro, dei loro nomi, di come si sono rinominate nel
tempo, perché dietro ognuna di esse si celano spesso dei
fatti, dei ricordi, degli aneddoti, che nel loro insieme costituiscono
la Storia della gente comune, elementi che appartengono alla cosiddetta
“microstoria”, quella storia che scorre parallela agli
accadimenti ufficiali. La Storia che studiamo a scuola è
caratterizzata, strutturata dai grandi itinerari (basti pensare
alle vie Consolari, su cui hanno viaggiato imperi, religioni, culture).
Le storie che racconta Giacomo scorrono sulle vie che percorriamo
ogni giorno e che hanno visto fatti e avvenimenti a volte impensabili
(vedi l’appendice n. 1: Costruzione della nuova strada da
Noja a Capurso) o a volte di minore grandezza ma rilevanti per i
nostri cittadini.
A conclusione di questa mia breve prefazione, esterno a Giacomo
Settanni l’invito a proseguire nella puntigliosa ricerca delle
nostre radici.
L’utilizzo dei preziosi talenti della sua terza età
ci permette di conoscere da dove veniamo e cosa i nostri antenati
ci hanno lasciato.
Buon lavoro Giacomo, e grazie per quanto ci dai da conoscere.
Arch. Vito Laudadio
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