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2. L' atto notarile del 952 d. C., dove per la prima volta compare il toponimo Noa

Questo vecchio documento notarile, raccolto nel Codice Diplomatico Barese 11, è la prima tappa importante per la conoscenza reale dell'antico abitato di Noicàttaro [12] , la prima testimonianza scritta della sua originaria denominazione. Mi piace riportarlo per intero nella versione latina fatta da G. B. NITTO DE Rossi - F. NITTI di Vito dall'originale pergamena in scrittura longobarda, cui segue, per una migliore comprensione del testo, una fedele traduzione in italiano, per i suoi peculiari riferimenti al paesaggio agrario nojano dell'epoca e al tipo di organizzazione della proprietà rurale.

Lo schema è quello classico di un atto di vendita. Nell'atto, rogato a Bari per mano del notaio e suddiacono Girolamo, si parla di un certo Cinnamo di Noa, il quale vende al signor Grusafo di Bari, figlio del chierico Leocaro, dei beni stabili in territorio noano.

Il testo latino:

«In nomine domini nostri iesu christi quadragesimo anno imperii domini Costantino. et octabo anno regnante cum eo domino Romano f. eius sanctissimis imperatoribus nostris mense iunio. undecima indictio Ideoque ego Cinnamo f. qd. (manca) qui sum natibo que sum de loco Noa, propinquo loco Lamule. dum mihi congruum est vona etenim mea voluntate vendere atque de presente. ante presentia Siphandi imperiali spatharii kandidati. et iudice. Vel de alios subscriptos nobiliores homines per hanc cartam venditione venundavo quidem tibi. Grusafi f. Leocari clerici. qui est de civitate Vari. hoc est omnia sortione mea. de rebus quamtam haveo in iamdicto loco Noa. et in pertinentiis de ipso loco. sine una vinea . et una curte quod nemine venundedit. nam alia omnia rebus quem mihi est pertinentem. ex predicto genitorem meum. Vel de dicto genitorem meum. vel de successione parentorum. aut de emptione seu donatione aut undecumque vel quomocumque vel per qualiscumque ratione. haveo rebus in predicto loco Noa. et in pertinentiis de ipso loco. idest curtis. vinealis. ortalis. territoriis acquis cisternis. puteis lacora. campis silvis. Olivetis pomis arvoribus fructiferis adque infructiferis. cultum incultisque cum inferius superiusque suis. et cum viis. et anditis suis et cum diversis finibus suis. et cum omnia infro se havente, illos tivi benundedi. unde nec mihi nec cuilivet alteri. neque morgincaput uxori mee nihil reservabi. sed tibi qs. nominato Grusafi.illos in integrum venundedit tibi possidendum. pro quibus confirmandam hanc mea venditionem nunc a presentis recepi a te nominato emptori meo exinde finitum pretium auro constantinos solidos tres. In ea videlicet ratione. un amodo et semper tu qs emptor. et tuis heredibus iamdicta mea venditio havere. et securo nomine possidere baleatis. adque faciatis exinde omnia quod volueritis. sine cuíuscumque hominum contradictione. de quibus repromitto ego qs Cinnamo. et meos obligo heredes. tibi qs. Grusafi. et ad tuis heredíbus supradicta nostra venditio ab [om]nibus hominibus inantistare. et defendere. quod si nos vobis non defensaverimus. aut si nos ipsis per quolivet ingenium retornare quesierimus; ante omnia questio nostra. Modis omnibus adversus vos vacua sit. et dup!um supradictum pretium nos vobis componamus. et quod ista nostra venditio. aput vos remelioratam paruerit omia subestimatione pretii vobis restituamus et predicta nostra [venditio] in antea per invitis nos vobis defensemus Super hoc autem. wadia tibi nominato emptori meodedi. et mediatorem tibi posuit Boni germanus meus. qui est natibo de predicto loco Noa. ea vero ratione; ut ego. et meos heredes. defensemus tibi. et ad tuis heredibus. integra supradicta nostra venditio per nominatiba. da Rigale uxore mea. et da íllis in cuius mundium pertinet. si aliquid vobis exinde tollere. aut havere etquerere quesierit. per suum morgincaput. quam et da omnes homines qui vobiscum exinde causare. aut contendere voluerint. et si nos vobis non defensaverimus qualiter iamdiximus. decem constantinos solidos pena vobis componere obligamus et in antea per invitis nos bobís defendere placitamus. unde ipse mediator vester tribuit vobis licentiam se pignerandum per vobi. et alia sua legitima pignera. et hec carta venditionis in superdicta ratione omni tempore sit firma. quam te Hieronimus subdiaconus et nonotarius taliter scribere rogavi intus in civitate Vari. ego qs. Siphandus ímperialis spatharius et iudex. signum manu Basili imperiali spathario kandidato et demestico (sic). ego Leo teste sum».

La traduzione italiana:

«In nome di Nostro Signore Gesù Cristo: nel quarantesimo anno di impero di Costantino e nell'ottavo anno di regno insieme a lui di Romano suo figlio, santissimi nostri imperatori, nel mese di giugno, nell'undicesima indizione. Cinnamo figlio del fu (manca il patronimico), nativo della località di Noa vicino a quella di Lamula, avendo intenzione di vendere di sua volontà i suoi beni, subito alla presenza di Sifando candidato spatario imperiale e giudice e di altri sottoscritti nobili uomini, con questo atto di vendita venderà a Grusafo figlio di Leocaro Chierico nativo della città di Bari tutti i beni che possiede nella sunnominata località di Noa e nelle sue adiacenze, toccatigli in sorte, vale a dire tutti quei (beni) che gli sono pervenuti dal suddetto suo genitore, o per successione o per donazione o in qualsiasi altro modo ad eccezione di una vigna e una corte che non venderà affatto. Nella predetta località di Noa nonché nelle sue adiacenze possiede corti con vigne ed orti, terreni con piscine, pozzi e pantani, campi coltivati, boschi, uliveti, alberi da frutto innestati e selvatici, comprese le vie e gli accessi propri e i diversi confini lapidei. Questi beni egli venderà integralmente né riserverà alcunchè per sé né per chiunque altro né per il Morgincaput (= legittima) spettante a sua moglie. Cinnamo a conferma di questa vendita riceverà dal suddetto acquirente Grusafo la somma pattuita di tre solidi castantini in oro, di modo che da ora e per sempre l'acquirente ed i suoi eredi possano avere i beni venduti e possederli a pieno titolo e possano disporre come vogliano senza alcun divieto da parte di chicchessia. Il Cinnamo promette a Grusafo e suoi eredi di non rivenderli ad altri; nel caso in cui egli e i suoi eredi non rispetteranno ciò o se chiederanno per qualsiasi ragione la retrocessione dei beni venduti, tale richiesta innanzitutto non varrà, e pagheranno il doppio del prezzo suddetto e rifonderanno, dopo apposita valutazione, tutte le mìgliorie che saranno apportate ai detti beni. Cinnamo incarica come Mallevadore suo fratello Bono, nativo di Noa, affinché Grusafo ed i suoi eredi siano garantiti riguardo alla suddetta vendita. Se Rigale, sua moglie, e quelli sotto la cui tutela essa è e cercheranno in seguito di prendere o togliere qualcosa all'acquirente per il suo Morgincaput e quindi intentare un processo, e se il venditore ed i suoi eredi non interverranno nei modi già detti, Cinnamo ed i suoi eredi si obbligano a pagare al compratore una ammenda di dieci solidi costantini, e stabiliscono di difenderli in quanto lo stesso mediatore ha concesso all'acquirente la licenza di pignorarlo anche in altri suoi legittimi beni. E sia questo atto di compravendita comunque valido per sempre. Gerolimo suddiacono e notaio fu incaricato di scriverlo nella città di Bari.

Firma di Sifando Spatario imperiale e giudice.

Firma di Basilio candidato Spatario imperiale e domestico, Firma di Leo, testimone».

Note

[11] Cfr. la nota n° 2 di questo stesso capitolo.

[12] Il ROPPO dice « Noia dunque esistente nel 952 ed è denominato nel predetto documento loco Noa, cioè piccola terra abitata e se ne identifica la località propinque loco Lamule. Infatti Noicàttaro siede su un altopiano, che s'affaccia al vallone alluvionale detto Lama sulla via di Capurso. [...] Era così piccolo "il luogo di Noia" nell'anno 952 che il rozzo curiale che costruisce l'atto notarile sente la necessità di subito identificare il loco de Noa con l'aggiunta che quel loco è propinque all'altro loco lamula». (Cfr.V. ROPPO, op. cit., p. 199).





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C.D.B. Vol. I Copia pergamena n. 60 in scrittura longobarda