Lettera
di Padre Caprioli
Gent.ma sig.na Rina,
sarebbe stato mio dovere scrivere immediatamente per dar loro dettagli
della edificante morte dello zio. Il fatto è che il suo trapasso
ha colpito me in maniera speciale, poiché Egli mi ha considerato
un po' come figlio. D'altronde, Sua Eccellenza si è spento
ad un tempo in cui i nostri raggiungono la massima attività.
Ecco perché - dopo aver messo al sicuro l'invio della notizia
- ho cercato di rimandare ad un momento di pace e tranquillità
questo che considero un po' un dovere di famiglia.
Sua Eccellenza si ammalò di influenza uno o due giorni dopo
il mio trasferimento provvisionale a Colombo. È un fatto
caratteristico in Sua Eccellenza che la lontananza di persone a
cui si è affezionato ha causato in passato delle forme di
infermità altrimenti facilmente curabili. Ciò fu riscontrato
da noi tutti specialmente quando la buona suora che Egli considerava
come sua figliola fu trasferita dalla casa di riposo e nominata
Superiora di tutto l'Istituto di Galle.
I Superiori non ebbero altra scelta nel mio caso, ed io dovetti
andare a Colombo, ma con la promessa che sarei tornato a espletare
il mio filiale servizio a Sua Eccellenza dopo un paio di mesi. Senonché
verso il 23 marzo tornai a Galle per una breve visita in occasione
dell'ordinazione di un confratello; ebbi a constatare che Sua Eccellenza
non reagiva così come prima alla malattia.
Ne fui impressionato e lo feci notare alla Madre Superiora e al
Vescovo de Saram. Immediatamente fu chiamato di nuovo il medico
che aveva visitato Sua Eccellenza in mattinata. Di nuovo si constatò
che non c'era nulla di serio, ma che era questione solo di eliminare
la febbre. Lo specialista lo visitò il giorno seguente e
malgrado aver riscontrato una leggera congestione del polmone destro,
ci assicurò che tutto sarebbe andato per il meglio se Sua
Eccellenza potesse riposare non in posizione supina - come sempre
aveva fatto finora - ma un po' sollevato. Tornai a Colombo il 26,
ma già il 27 mi si faceva sapere per telefono che Sua Eccellenza
si era molto indebolito e che si era deciso a dargli la Sacra Unzione.
Chiesi se era necessario andare a Galle, ma mi si disse che le cose
non erano ancora in stato critico. Il giorno seguente Madre Superiora
venne a Coloimbo per consultare l'oculista - essendo stata colpita
da un demente che le ferì l'occhio sinistro - e lei mi assicurò
che Sua Eccellenza era molto migliorato e che c'era speranza di
fargli attraversare queste crisi.
Così si andò avanti fino al 1° di aprile: al pomeriggio
di quel giorno, due telefonate da Galle avvertirono che Sua Eccellenza
era in condizioni critiche e che voleva vedere me e il Vescovo di
Saram, anch'egli a Colombo. Durante il periodo di un'ora e mezzo
mentre il Vescovo ed io facevamo preparativi per spostarci a Galle,
un'altra telefonata ci avvertì della fine, che era avvenuta
alla 16,15(11,45 Italiane).
Lascio loro immaginare la mia costernazione. Immediatamente partimmo
per Galle, che raggiungemmo verso le 21. Lì le suore specialmente
Madre Superiora e la suora infermiera mi descrissero le ultime ore:
l'angosciosa ansia di chi sta per lasciare i suoi cari, la cura
fisica che spirituale da parte delle suore, dei Padri gesuiti del
collegio e dei pp. del palazzo vescovile, ce furono intorno a Sua
Eccellenza durante le ultime ore di vita terrena. Non si può
nascondere il fatto che Sua Eccellenza abbia sofferto molto durante
quelle ultime ore malgrado le affettuose cure prodigate. Incidentalmente,
due giorni prima era giunta la notizia della Morte di Suor Teresa
Laudadio; ma io decisi di non farla sapere a Sua Eccellenza, poiché
tale notizia avrebbe potuto precipitare la fine.
Prima del nostro arrivo a Galle, si era già deciso di far
imbalsamare l salma di Sua Eccellenza; senonché il Vescovo
Antonio de Saram (successore di Sua Eccellenza) decise che a Sua
Eccellenza dovevano essere tributati tutti gli onori funebri da
darsi ad un Vescovo, ciò che non si sarebbe potuto fare durante
i giorni della settimana santa; e perciò si sarebbe rimandato
il funerale e la tunulazione al 7 aprile, lunedì dell'Angelo.
Ciò richiese una migliore conservazione della salma, che
fu ottenuta con l'aiuto di un gruppo di specialisti appositamente
fatti venire da Colombo. Io ebbi la consolazione di dire la Santa
Messa di fronte alla stanza in cui Sua Eccellenza era deceduta,
la mattina del 2 , usando lo stesso altare e lo stesso calice che
Sua Eccellenza aveva usato per tanti anni.
Quella stessa mattina, trasportammo la salma, adagiata in elegante
cassa di noce, fatta fare appositamente dal Vescovo de Saram, nella
cappella del nostro Collegio San Luigi, poiché in cattedrale
ci sarebbero state le funzioni della settimana Santa. Da quel momento
cominciò un vero pellegrinaggio di fedeli che venne a dare
l'ultimo omaggio al loro Vescovo: Sua Eccellenza sembrava in stato
di perfetto riposo e tranquillità. Al suo fianco avevamo
disposto su un cuscino la Croce di Commendatore della Repubblica
, conferitagli una decina di anni prima.
Poi tornai a Colombo per lavoro. Rientrai a Galle il giorno di Pasqua
sera. Il funerale, grandioso, cominciò verso l'una del 7,
con la processione attraverso l'arteria principale della città:
si successero al fianco della bara le personalità più
importanti della città, inclusi i Consiglieri Comunali di
Galle col Sindaco e il Commissario. Il clero, il seminario, suore
e religiosi di tutte le congregazioni dell'Isola precedevano; seguiva
immediatamente il Ministro degli Interni, deputato al Parlamento
per Galle, e sempre molto rispettoso verso Sua Eccellenza.
In cattedrale si recitò l'Ufficio alla presenza di ben dodici
Vescovi, di Sua Eccellenza l'Ambasciatore d'Italia, del Delegato
Apostolico, di notabili Buddisti e di altre confessioni. Seguì
la Santa Messa concelebrata da ben quaranta Sacerdoti col Vescovo
de Saram. L'ultima assoluzione al feretro, prima della tumulazione,
fu data da cinque Vescovi in ordine di dignità. Sua Eccellenza,
fu tumulato nella sua Chiesa Cattedrale di fronte alla balaustrata
dell'Altare maggiore. Egli riposa ora nella stessa Cattedrale che
ebbe a reggere per oltre trenta anni.
Nell'unirmi al loro dolore, assicuro che il mio è vero dolore
di figlio, a cui si unisce la speranza che brilla per tutti noi.
Fto.
Padre Caprioli
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